Corriere di Bologna

Anas fuori dall’inferno di Ghouta «Al Rizzoli mi hanno salvato»

Il giovane rifugiato ha ancora la famiglia in Siria, sotto le bombe

- di Andreina Baccaro andreina.baccaro@rcs.it

È scappato da Ghouta, in Siria, con due proiettili nella gamba destra e un’infezione devastante, è stato curato sommariame­nte in Libano, poi in Libia, da lì è riuscito ad imbarcarsi e ad arrivare a Lampedusa. Poi in Svezia e infine in Germania, ma l’infezione alla gamba a quel punto sembrava non lasciare scampo. Anas, 27enne siriano, ha rifiutato l’amputazion­e ma non ha potuto sottrarsi all’espulsione: nell’autunno scorso la polizia tedesca lo mette su un aereo diretto a Malpensa con una gamba che sanguina, nonostante il parere contrario dei medici, ma per gli accordi di Dublino deve chiedere lo status di rifugiato nel Paese in cui è sbarcato, cioè il nostro. A Milano è entrato in contatto con l’associazio­ne Refugees Welcome, che lo accoglie ma anche lì, dopo aver girato quattro diversi ospedali, gli vengono somministr­ati solo antidolori­fici. Finché ad ottobre Anas non è arrivato a Bologna: nella struttura complessa ortopedica e traumatolo­gica dell’istituto Rizzoli diretta dal professor Cesare Faldini gli hanno salvato la gamba.

«Ringrazio le persone che mi hanno accolto, trattandom­i come un essere umano e restituend­omi la dignità e la speranza di poter ancora vivere una vita» dice ora Anas, che dopo un mese e mezzo di ricovero è stato accolto da Maria Cristina Visioli, bolognese 55enne, e suo marito, che aderiscono al progetto di ospitalità in famiglia di Refugees Welcome. Ma anche se adesso sta bene e la sua gamba è in via di guarigione, i tormenti di Anas non sono finiti: a Ghouta, il quartiere alle porte di Damasco sotto assedio da 5 anni e da giorni sotto le bombe del regime, sono rimasti la madre, il padre, un fratello e una sorella con i figli piccoli. un altro fratello di Anas è morto tempo fa sotto le bombe. Il 27enne riesce a parlare con i familiari via WhatsApp solo in quelle poche ore di notte in cui a Damasco torna l’energia elettrica. «È continuame­nte in ansia — racconta Maria Cristina — e nonostante tutto quello che ha passato ha una dolcezza infinita».

Anas parla tedesco e arabo, a Bologna sta studiando l’italiano e spera di trovare lavoro presto. È un bravo falegname e sa riparare tutto, anche se quando è arrivato in Italia ha cercato di raggiunger­e la Germania perché dell’Italia gli avevano parlato male, ma «penso che adesso abbia cambiato idea» sorride ancora Maria Cristina, che racconta: «Al Rizzoli ha trovato profession­alità e umanità che non aveva trovato altrove». In Germania era stato curato in isolamento per sei mesi: «Era solo, soffriva tantissimo a causa della gamba, non sapeva a chi chiedere aiuto».

Di quel giorno a Ghouta di tre anni fa, Anas racconta: «Stavo uscendo da casa per prendere qualcosa e, mentre scendevo le scale, mi sono trovato davanti un cecchino». Fu sparato in varie parti del corpo e curato con mezzi di fortuna in Siria, ma la sua gamba si è infettata subito. Nel suo Paese ha conosciuto anche le prigioni del regime, dove è stato incarcerat­o per aver partecipat­o a una manifestaz­ione anti-Assad.

Oggi ha trovato una nuova vita a Bologna, grazie a Maria Cristina, che lavora per Refugees Welcome, e a suo marito, impiegato 44enne: «I figli ormai sono grandi, abbiamo due stanze libere e abbiamo deciso di ospitare chi ha bisogno di aiuto. In questo momento viviamo in quattro: oltre ad Anas, ospitiamo un ragazzo del Mali». Ma in passato altri quattro giovani rifugiati sono già passati nella casa della coppia bolognese: «È una scelta semplice, tutti possono ospitare» assicura Maria Cristina.

Stavo uscendo da casa per prendere qualcosa e, mentre scendevo le scale, mi sono trovato davanti un cecchino

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