UNA VALANGA DA DECIFRARE
L’inverno del nostro scontento. Una volta tanto tramutiamo l’eterno brontolio in un confronto. Da «piove governo ladro» a qualche scintilla sul chi siamo e dove andiamo. A piedi, in slalom, scivolando, tremando per stampelle, età, un mondo che traballa. I rapporti sociali ai tempi della neve possono essere una valanga pericolosa o virtuosa: solidarietà, indifferenza, egoismo, incapacità, adattamento, rinnovarsi. La bianca visitatrice delle antiche maestre può coprire una cultura o farla scoprire.
Dove finisce il bianco, quando la neve se ne va? Google, ogni volta che c’è un fiocco, apre il suo sito a poesie e frasi celebri. The
times they are a changin’, cantava Bob Dylan. La sinfonia del cambiamento. Era il ’64, il menestrello futuro Nobel è incattivito, l’insegnamento si dispiega fra la tecnologia velocissima che muta e tramuta. Dalla rete, dallo smartphone esce anche Shakespeare innevato. La cultura non è più quella, come le stagioni, ma non è un paese per vecchi. È l’insegnamento da neve, individuale e del vivere insieme.
Piazza Maggiore, Santo Stefano, San Domenico, pure la periferia: la neve è come la gentilezza, rende bello tutto ciò che copre. Poi è arrivato il ghiaccio, tornato lo sporco. E la città, come tutte, si è spezzata in due. Chi può e chi non può. Per censo, età, malanni. Chi è costretto e chi no. Il centro e la periferia. Chi sta sotto portici pur scivolosi e chi cerca strade rugose fra le macchine per non cadere, spera in taxi che non ci sono, in autisti di bus, in comprensione di auto, moto, bici. Può essere nuova solidarietà o nuova lotta di classe, come per le tecnologie.
Qui il discorso diventa collettivo. Per amministratori e manager — da Hera a Tper — portati al capitale più che al comunitario. Per associazioni e singoli. Lezione di umanità nevosa verso lo spirito pubblico, nella quotidiana emergenza.
Altro che lo stato di calamità del presidente regionale, Bonaccini. È la comprensione sociale di marciapiedi e portici, passaggio e vita di tutti, sempre. Evviva gli spazzaneve, cercasi chi spazza la neve. Nei luoghi comuni, non (solo) davanti a case, negozi, garage. È la cultura della segatura e dei suoi moderni figli. È Bologna condivisa sempre, non solo in bianco: nelle strade, nei portici, nei muri puliti, nella difesa comune. Ha pure il suo Babbo Natale: il professore con barba da mago che da anni spazza la «sua» via Centrotrecento. Tutta. E lo fa anche gratis.