Semeraro racconta il mito di re Roger
All’Ambasciatori la presentazione del libro di Semeraro sulla leggenda del tennis
Tutto il meraviglioso mondo di Roger affidato al racconto di una penna bolognese, quella di Stefano Semeraro. Da quasi tre decenni cronista attento e scrittore raffinato del circuito tennistico internazionale (dal 1992 alla Stampa), ha dato ora alle stampe con la concittadina Pendragon l’opera più completa e intima riguardante l’attuale numero uno al mondo della racchetta: «Il Codice Federer», 333 pagine su tutto quello che avreste voluto sapere sul talento di Basilea. Cronache, aneddoti, storie, ritratti e una marea impressionante di statistiche curate da Luca Mariantoni. Prefazione regale di Gianni Clerici. Il volume da Grande Slam della letteratura tennistica — leggere per credere — verrà presentato oggi alle 18 all’Ambasciatori: in campo, insieme a Semeraro e Mariantoni, un Gene Gnocchi smisuratamente innamorato del leggendario tennista. Semeraro, come va letta questa biografia?
«Come un romanzo, costruito pian piano in parallelo alla sua carriera. Tante vittorie, ma anche gli inciampi o i passi falsi che gli sono serviti per diventare quello che è diventato». Talento immenso, ma anche tanto lavoro. «Lui l’ha sempre detto: ha capito molto in fretta come allenarsi, come programmarsi. Ha trovato l’alchimia con il suo preparatore Pierre Paganini, il segreto della sua longevità. A differenza di Nadal, doveva solo seguire le necessità del suo fisico». Ha 37 anni: fino a quando giocherà?
«Non ha fissato una data, credo che lo farà quando inizierà a perdere con troppa gente, fra un paio d’anni».
Straordinarie pagine sul bambino di ieri: a due anni pianse per un Becker sconfitto a Wimbledon e iniziò subito a giocare con la pallina da tennis. Da adolescente se sconfitto piangeva.
«Vocazione innata, ma da piccolo aveva un caratterino bizzarro. I suoi coach e la moglie hanno tirato fuori il Federer vincente, è stato un processo. I tennisti si arrabbiano, come diceva Mc Enroe “quelli normali vogliono vincere, i numeri uno non vogliono perdere”. Lui sapeva di essere il più forte, aveva una percezione istintiva e non sopportava di sbagliare». Dotato non solo nel tennis. «L’altra sua grande passione è il calcio, si sa. Trequartista, poi ha scelto la racchetta. Tifoso del Basilea e dice anche
della Roma, fan di Del Piero, Batistuta, Totti, nel libro racconto i loro incontri». Tanti incroci con l’Italia.
«Che ama. Ci viene in vacanza, va pazzo per la mozzarella di bufala, da giovane ha vinto tanto, gli mancano giusto gli Internazionali di Roma. Sono diversi gli italiani che all’inizio della carriera l’hanno battuto, ma ricordiamo anche un Volandri nel 2007». Umanamente com’è?
«Amichevole e disponibile. Da ex ball boy è gentilissimo con i raccattapalle. Ha il culto dell’amicizia, ma ti mette alla prova per capire se sei quello giusto. Se gli piaci ti ripaga. Si emoziona ancora a giocare». La qualità che ti ha colpito vedendolo in campo.
«Quello che vedono tutti: eleganza, grazia… lo chiamo anche Sua Fluidità».
In giro sempre con la moglie e i quattro figli. Anche questo un bel numero. «Vita nomade ma familiare grazie alla moglie Mirka, brava a organizzare le trasferte e fare filtro con la stampa. Pensa a tutto. Da ex tennista è in grado anche di palleggiare con Roger». Dove sta nella Top 5 di tutti i tempi? «In cima. Ecco qua: Federer, Laver, Nadal, Tilden e Borg».
La sua vocazione è innata, da bambino piangeva dopo ogni sconfitta... Non avesse fatto il tennista sarebbe diventato Totti