Corriere di Bologna

I sindacati fanno muro «Scelta individual­e, imporla è un errore»

- M. Ama.

Favorevoli alle vaccinazio­ni, ma non all’obbligo. La gran parte dei principali sindacati della sanità, a partire da quelli che rappresent­ano i medici, la pensa così. «Non abbiamo firmato l’accordo in Regione perché è un provvedime­nto coercitivo, senza il coinvolgim­ento degli operatori», spiega Franco Masini, segretario della Cgil medici EmiliaRoma­gna. «Sia ben chiaro, noi come tutta la Cgil siamo assolutame­nte favorevoli alle vaccinazio­ni e alla necessità di ridurre il rischio per le persone e la comunità. Sarebbe però stato più utile trovare un’alleanza con gli operatori». Analoga la posizione della Cisl medici Emilia-Romagna. «Siamo stati tra i primi, di fronte ai casi di morbillo, a dire che occorreva la vaccinazio­ne degli operatori sanitari — incalza la presidente Marisa Faraca —, ma non si può imporre. Viene meno l’autodeterm­inazione sancita dalla Costituzio­ne». L’Anaao ha firmato con Uil Medici e Aaroi (anestesist­i e rianimator­i) un verbale di incontro in Regione, «ma solo sulle finalità di tutelare la salute dei pazienti e degli operatori — chiarisce il segretario regionale Sandro Macchia —, come si può avvallare un documento che ha aspetti punitivi?. Sul tema della mancata condivisio­ne insiste anche Salvatore Lumia del sindacato Cimo: «È da tempo che la Regione usa il metodo di imporre documenti e scelte già confeziona­te e fare tavoli che non servono a niente o a poco. Si può discutere di tutto in modo costruttiv­o e condiviso. Non siamo contrari alle vaccinazio­ni, ma siamo contrari all’imposizion­e di direttive senza condivisio­ne». «Sul tavolo del comparto, che riguarda infermieri, tecnici e operatori socio-sanitari, siamo rimasti a una bozza di protocollo prospettat­o a metà dicembre — assicura Paolo Palmarini, segretario della Uil Fp Sanità Emilia-Romagna — ma a tutt’oggi non ci è arrivata alcuna convocazio­ne per la discussion­e del protocollo. Il principio della vaccinazio­ne è condivisib­ile, ma non può essere in contrasto con i diritti contrattua­li dei dipendenti. Di fronte a principi di carattere generale come questo, perché non fare un unico tavolo con tutti?».

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