Risate al «Fotofinish» Ciclone Rezza-Mastrella
Stasera al Duse le tante invenzioni del protagonista
Torna sul palcoscenico del Duse per il terzo anno il ciclone Rezza-Mastrella, carico di gloria. Ai due artisti del litorale romano è stato conferito di recente il Leone d’oro della Biennale Teatro di Venezia, uno dei riconoscimenti più prestigiosi del teatro italiano, a certificare la carriera unica, sempre fuori dalle norme e dalle rassicurazioni, di due personalità uniche di creatori di teatro e cinema. Lui, Antonio Rezza, è attore dirompente, inesausta maschera di vizi italioti, ipercinetica marionetta umana, un meraviglioso riuscitissimo devastante incrocio tra le deformazioni comiche di Totò e il teatro della crudeltà di Artaud. Lei, Flavia Mastrella, è inventrice di spazi da percorrere e vivere, veri e propri morbidi o ostili habitat creativi per quel Pinocchio incontrollabile.
Arrivano al Duse solo stasera alle 21 con uno spettacolo di qualche anno fa, Fotofinish, mai approdato, per quel che ricordiamo, a Bologna. Un lavoro tutto da gustare, in cui Rezza, coadiuvato in scena dal fido Ivan Bellavista, dà vita a una girandola di personaggi e situazioni. È la storia di un uomo che si fotografa per sentirsi meno solo. Nel suo studio si affacciano in realtà parecchi clienti per essere eternati in ritratti. Solo che sia il fotografo sia il soggetto da effigiare sono la stessa persona, Rezza appunto, che da questo punto di partenza darà vita a un’infinita serie di moltiplicazioni, trasformandosi in una folla, in una sola moltitudine direbbe Pessoa. Diventa un politico che fa promesse mirabolanti, i tanti che le bevono e lo applaudono, un costruttore di ospedali mobili che arrivano direttamente a casa dei malati, i pazienti e i luminari che li visitano, e molte altre figure sempre oltre i limiti, senza nessun imbarazzo a promettere più cinema dove si proiettano film erotici e non porno grazie a un aumento delle parti parlate, fino a diventare donna seducente e uomo e molte molte altre cose.
Come sempre negli spettacoli di questo autore che definire comico è assolutamente limitativo, lo spettatore si perde e si ritrova in un vortice di invenzioni che ci ritraggono con i nostri difetti, le nostre piccolezze, le nostre troppe idiosincrasie. E deve stare bene attento, il pubblico, a non essere coinvolto in una delle frequenti scorrerie dell’attore oltre il proscenio, in platea, a dire che in scena ci stiamo proprio tutti: anche noi che comodamente guardiamo.