Va in pensione Paola Vessuri, la storica pedagogista
Va in pensione, dopo 42 anni, la guida dei servizi educativi del Comune, Paola Vassuri: «Largo ai giovani».
Venerdì varcherà la porta del suo ufficio in via Ca’ Selvatica per l’ultima volta dopo 42 anni di servizio. Quarantadue anni passati a stretto contatto con bambini e maestre. Paola Vassuri, responsabile dei servizi dell’infanzia del Comune, alla soglia dei 64 anni lascia il testimone ad Anna Giordano, classe ‘70, che ha già guidato i servizi educativi a San Lazzaro e negli ultimi anni a Imola. In questi giorni ci sono gli ultimi passaggi di consegne. Poi da lunedì Giordano, assunta alla Ies martedì scorso, resterà l’unica referente. Arrivata nel mondo della scuola dopo la laurea nel ‘77, Vassuri nel 1984 entrò a far parte della prima squadra di pedagogisti assunti dal Comune. Quindi i lunghi anni come coordinatrice pedagogica al Navile, il coordinamento cittadino dei pedagogisti nel 2013 e infine il ruolo di responsabile dei servizi 0-6 nella Ies.
E adesso, Vassuri?
«Adesso mi trovo ad affrontare un passaggio non semplice, perché quella che mi ha sempre animato nel mio lavoro pedagogico è stata la passione. È difficile lasciare una passione. Ma è un cambiamento esistenziale necessario: il mondo dei servizi ha bisogno di tante risorse nuove e giovani, serve un ricambio».
Largo ai giovani, quindi, in asili e scuole dell’infanzia?
«In questi anni ho lavorato per i concorsi: ho fatto in modo che entrassero in Comune molti giovani. L’amministrazione si è posta l’obiettivo di mettere a disposizione posti in ruolo in questo settore, garantendo così una condizione fondamentale per la stabilità dei servizi».
Come ha visto cambiare il mondo dei servizi dell’infanzia?
«Il servizio ha le stesse modalità organizzative e lo stesso impianto di sempre. Il tempo pieno è stato mantenuto e sostenuto; è stato tutto gestito internamente da personale comunale. Se mai è cambiato il contesto intorno, fuori è cambiato tutto. Non sono cambiati i bambini, il loro sviluppo è sempre quello, ma è cambiata la cultura comunicativa. I nuovi strumenti sono importanti, ma segnano profondamente le comunicazioni. Non voglio stigmatizzare l’epoca attuale, non ho nostalgia del passato, piuttosto voglio dire che bisogna imparare i nuovi mezzi di comunicazione, serve un apprendimento dei costumi».
Qual è la sfida per i servizi educativi nel prossimo futuro?
«Avere cura per la struttura stessa dei servizi. Non vanno sempre messi a ferro e fuoco, rimessi continuamente in discussione. Il nido e la scuola dell’infanzia non sono la continuità della famiglia, devono piuttosto pensarsi come quella parte che la famiglia non ha, ma a scuola e nei servizi d’infanzia i bambini, tutti con pari opportunità, possono coltivare le proprie propensioni. Questa è una sfida grossa che rimane per sempre».
Cosa farà in pensione?
«Non mi immagino senza pedagogia, è la mia passione e la continuerò a coltivare, perché vedere lo sviluppo dei bambini è un privilegio. E poi finalmente frequenterò i luoghi della cultura di Bologna».