Ma nei nostri ospedali arrivano da tutta Italia Così funziona il modello
Come funziona la sanità in Emilia-Romagna non piacerà molto al Pd bolognese. Piace invece, e molto, al resto d’Italia. A dimostrarlo sono gli ultimi dati disponibili sulla mobilità attiva e passiva dei pazienti tra le regioni. L’EmiliaRomagna nel 2017 (dati 2016 ovviamente) è risultata al primo posto in Italia per il saldo positivo del 9% sul totale dei ricoveri. In cifre: su 640.000 ricoveri, 129.000 sono stati di cittadini che da altre regioni sono venuti negli ospedali lungo la via Emilia, solo 53.000 gli emiliano-romagnoli che si sono andati a curare altrove. In termini economici, guardando al saldo mobilità nel riparto del Fondo sanitario nazionale del 2017, questo ha significato che sono entrati 358,5 milioni di euro nelle casse dell’Emilia-Romagna, il 58% sui crediti (secondi in Italia solo alla Lombardia).
Anche nel fare i bilanci e nel rispettare i Livelli essenziali di assistenza (che sono l’insieme di servizi che i cittadini hanno diritto di ricevere gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale) l’EmiliaRomagna primeggia. È di fine febbraio la notizia che la nostra sanità regionale è stata promossa dal ministero dell’Economia e delle Finanze al Tavolo di verifica degli adempimenti regionali sulla spesa sanitaria per il 2016. Promozione su tutti i fronti, per pareggio di bilancio e piena erogazione dei Lea, un bollino verde condiviso con Lombardia, Veneto e Marche, che ha reso possibile lo sblocco di 78 milioni di euro del Fondo sanitario, soldi che Viale Aldo Moro girerà alle aziende sanitarie per stabilizzare ulteriormente i già buoni tempi di pagamento raggiunti nel 2017: tutte le Ausl infatti alla fine dell’anno scorso avevano rispettato il termine di legge fissato in 60 giorni per pagare i fornitori. L’anno prima l’Emilia-Romagna era stata scelta dal governo tra le cinque Regioni benchmark (insieme a Lombardia, Veneto, Marche e Umbria) per diventare punto di riferimento e di confronto per determinare i costi standard in sanità, elemento per procedere al riparto del Fondo sanitario nazionale.
Negli ultimi due anni l’Emilia-Romagna è stata modello per tutta Italia anche per due settori non trascurabili della sanità pubblica. In primo luogo nell’abbattimento delle liste d’attesa per visite ed esami, riportate in tutta la regione quasi nel 100% dei casi entro rispettivamente i 30 e 60 giorni. Un risultato di cui il presidente Bonaccini si è vantato molto spesso nella tribuna nazionale. L’altro settore è quello dei vaccini: l’Emilia ha fatto da apripista con la legge che introduceva l’obbligo dei nidi, poi ripresa ed allargata da quella nazionale.
I sindacati hanno attaccato spesso la Regione per i tagli, soprattutto nei posti di lavoro. Polemiche rintuzzate sempre dal governatore che ha sbandierato in più occasioni la copertura del turn-over del 125% nel 2017, salita al 160% per gli infermieri: 3.292 assunzioni contro 2.642 cessazioni, saldo positivo di 650 posti di lavoro. È evidente che non sono bastati a chi lavora nel settore. Ultimo cenno alla sanità bolognese: il solo Sant’Orsola riceverà nei prossimi 5 anni 120 milioni dalla Regione per rimettersi a nuovo.
Il Sant’Orsola riceverà solamente nei prossimi cinque anni 120 milioni di euro