Cavallini, in aula è gia battaglia sui testimoni I pm: no a Carlos e agli ex di Ordine Nuovo
Scontro tra tesi nel processo bis sulla strage. I giudici dovranno fissare il perimetro del dibattimento
Ottantancinque morti e duecento feriti, ma sulla strage alla stazione, 38 anni dopo, ieri si è aperto un nuovo processo senza esclusione di colpi, perché molto deve ancora essere accertato. Gilberto Cavallini, imputato per aver offerto supporto logistico a Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini non era in aula, ma «ci sarà — assicura il legale Alessandro Pellegrini —, perché non solo accetta l’esame ma lo pretende, verrà per rivendicare ancora una volta la sua estraneità».
Per sette ore pubblici ministeri, avvocati delle parti civili e della difesa si sono affrontati davanti alla Corte d’Assise sulla lista dei testimoni e delle prove che i giudici dovranno ammettere fissando così il perimetro del dibattimento. I pm Antonello Gustapane, Antonella Scandellari, Enrico Cieri e il procuratore capo Giuseppe Amato chiedono di partire dai dati «incontestabili acclarati nelle sentenze passate in giudicato: Cavallini partecipò alla banda armata con i Nar, aveva un ruolo apicale, e uno degli obiettivi di questa banda fu la strage di Bologna. Tutte le sue condanne dimostrano che già prima dell’80 fece una scelta profondamente deviante, criminale e fascista».
Ma per gli avvocati di Cavallini, che è difeso anche da Gabriele Bordoni e Mattia Finarelli, «la prova documentale della presenza dei Nar a Bologna il 2 agosto ‘80 non c’è e non c’è mai stata. C’è invece la prova della registrazione in un albergo del terrorista tedesco di estrema sinistra Thomas Kram». È questo uno degli elementi di prova chiave
” La Procura Cavallini aveva un ruolo apicale nei Nar e uno degli obiettivi della banda fu la strage, no ai testi delle parti civili, non si deve divagare
per la difesa, che chiede sia sentito come testimone il venezuelano Carlos, al secolo Ilich Ramírez Sánchez, terrorista di estrema sinistra aderente al Fronte popolare per la Liberazione della Palestina, sostenitore appunto della «pista palestinese» (già archiviata dai giudici), secondo cui la strage fu conseguenza della deflagrazione degli esplosivi che i palestinesi trasportavano attraverso l’Italia. Ma per il pm Cieri, che lo interrogò nel 2009, «questo signore non ha nulla di rilevante da dire».
La Procura però ha chiesto anche alle parti civili di «non divagare, con testimoni irrilevanti» e per questo, con una formula un po’ irrituale, si è opposta alla richiesta degli avvocati Speranzoni, Giampaolo e Brigida di sentire in aula non solo il generale Mario Mori, ex comandante del Ros ma anche Carlo Mario Maggi, condannato come mandante per piazza della Loggia e reggente di Ordine Nuovo, testimone secondo le parti civili del patto scellerato tra i Nar e gli stragisti veneti. Irrilevante sarebbe poi per i pm anche la testimonianza d Roberto Fiore, dirigente di Forza Nuova ed ex di Terza Posizione, che ospitò a Roma Ciavardini, quando dovette nascondersi dai suoi stessi ex camerati.
Il procuratore Amato ha sottolineato: «È un processo in cui crediamo, anche nell’interesse
«Cavallini vuole essere interrogato, ha fatto infiniti errori ma con la strage non c’entra»
dei famigliari delle vittime. Ci fa piacere che ci supportino in questo sforzo, che non è facile a 38 anni di distanza». «C’è la possibilità di fare un passo avanti per la verità. Qui però bisogna vedere se la verità la si vuole o meno», ha detto invece il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime Paolo Bolognesi, riferendosi al filone sui mandanti della bomba, su cui sta indagando invece la Procura generale, dopo aver avocato a sè l’indagine che la Procura ordinaria voleva invece archiviare.
«Il diritto alla verità è sacrosanto per chi ha subito crimini politici di questa natura e va coltivato in tutte le sedi in cui è possibile farlo» ha concluso l’avvocato dell’associazione Speranzoni.