Granarolo, fatturato a 1,27 miliardi Ma continua la guerra dello stracchino
Ancora scioperi per le delocalizzazioni della produzione dei formaggi
Un nuovo sciopero, alla vigilia dell’incontro tra azienda e dipendenti. In Granarolo la temperatura resta alta, in una vertenza che, negli anni recenti, ha dell’inedito. Motivo dello scontro è l’intenzione del colosso bolognese del latte di chiudere il reparto dei formaggi duri e di «dirottare» dieci tonnellate di stracchino a Venchiaredo, in Friuli-Venezia Giulia, tagliando a Bologna il turno notturno del reparto «molli». I sindacati avevano chiesto di stoppare le due operazioni e, al no dell’azienda, Cgil, Cisl, Uil e Cobas hanno indetto un pacchetto di 32 ore di sciopero. Le prime astensioni sono iniziate il 15 marzo, ieri c’è un blocco di altre quattro ore. I vertici di Granarolo hanno già assicurato che non ci saranno ricadute sui dipendenti a tempo indeterminato: «Ma chiediamo di ragionare a bocce ferme — spiega il segretario della Flai Cgil Vincenzo Grimaldi — e di arrivare a una soluzione condivisa per tutti». Il sindacalista è critico soprattutto sul destino dei formaggi duri: «La loro produzione verrà decentrata ed esternalizzata, in antitesi con quello che chiedevamo in tutto il gruppo — tuona Grimaldi — e cioè di investire sugli stabilimenti storici».
Ma preoccupano anche le conseguenze sull’occupazione. Perché se è vero che i dipendenti di Granarolo non saranno toccati, a pagare la scelta del colosso bolognese saranno i 14 lavoratori interinali, che rischiano di non vedersi rinnovati i contratti: «Sono 14 posti che si perdono, non è che non si fa la battaglia solo perché non sono a tempo indeterminato», avvisa il funzionario Cgil. Oggi ci sarà un nuovo incontro in cui azienda e sindacati proveranno a ricucire.
Intanto ieri il cda del gruppo di via Cadriano ha approvato il progetto di bilancio. L’utile è dimezzato, da 22,6 a 10,1 milioni di euro, l’Ebitda scende del 13,4% a 70,1 milioni. Colpa — rileva l’azienda — dell’aumento dei costi della materie prime. Il fatturato sale del 7,8% a 1,27 miliardi, la posizione finanziaria netta a 137,5 milioni. «Il gruppo ha mantenuto nel 2017 gli impegni contenuti in un piano industriale impegnativo», l’analisi di Gianpiero Calzolari, che cita l’internazionalizzazione (con il 28% del fatturato realizzato all’estero) e la diversificazione come i principali fattori di tenuta. Il dividendo proposto è di 6,5 milioni, otto centesimi ad azione: cinque milioni andranno alla cooperativa Granlatte che controlla la società, 1,3 a Intesa Sanpaolo, il resto a Cooperlat.