L’«Otello» dell’oggi ritorna al dramma
All’Arena del Sole la produzione del Teatro dell’Elfo
La domanda è sempre attuale: perché mettere in scena i classici? Che cosa possono dirci ancora che non abbiano già sussurrato o gridato, nell’infinita serie delle rivisitazioni e perfino delle attualizzazioni? Il Teatro dell’Elfo, votato da anni a viaggi nel repertorio contemporaneo, segue parallelamente una via a testi di autori consacrati come Shakespeare. Nella sua lunga storia ha affrontato, con esiti diversi, in certi casi sorprendenti, opere come Sogno di una notte di mezza estate, Amleto, Mercante di Venezia.
Torna da stasera a domenica (ore 21, sabato ore 19.30, festivo ore 16) sul palcoscenico grande dell’Arena del Sole con Otello, nella nuova traduzione di Ferdinando Bruni con la doppia regia di Elio de Capitani, che indossa anche gli abiti del protagonista, e Lisa Fertazzo Natoli. Al fianco del fondatore del teatro milanese troviamo lo Iago seminatore di pregiudizi di Federico Vanni e la Desdemona di Camilla Semino Favro, in un allestimento che intende concentrarsi sul teatro mentale, sull’interiorità del Moro, peraltro presentato con un trucco appena accennato. Si cerca di tornare al cuore drammatico dell’opera e delle sue parole, inventando anche un tono onirico, incarnato in una strana figura bianca e surreale, nella scena di Carlo Sala sfumata da un velario di cellofan che la rende simile a un acquario psichico.
Su due motivi puntano il traduttore e i registi: su tesi rapporti interetnici e sulla violenza contro le donne, che porterà al femminicidio. Nel primo atto veneziano si sentono dire a Iago parole che starebbe bene sulla bocca del più oltranzista dei leghisti: «Presto saremo tutti comandati da negri, da stranieri». E la fine di Desdemona, soffocata dal marito in cui monta la gelosia, è nota. Scrivono i registi nelle note di sala: «Mettere in scena Otello oggi è un modo per fare i conti con la singolare attrazione che la vicenda del Moro esercita in tutti noi, come un congegno misterioso messo lì per “innescare” una risposta emotiva sui presupposti ideologici e i fantasmi dell’inconscio collettivo con cui una società costruisce i propri parametri proiettando “fuori di sé”, sullo straniero, tutto ciò che ha di inconfessabile: moralismo puritano, voyerismo sessuale e sessuofobia, per dare fondamento e giustificazione alla propria xenofobia, alla misoginia e alle tante forme d’intolleranza sociale e privata di cui si compone».