Corriere di Bologna

Recalcati entusiasta «Per il suo debutto torno al PalaDozza»

- di Enrico Schiavina © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Carlo Recalcati, come lo vede Pozzecco allenatore della Fortitudo?

«So solo che ci sarà da divertirsi, quindi voglio vederlo di persona. È uno spettacolo a cui non posso mancare: sabato prendo la macchina e vengo a Bologna».

Oltre a citarla tra i suoi maestri, lui dice che da lei si aspetta una telefonata.

«Per ora gli ho mandato un messaggio, lo chiamerò più avanti, in questi giorni avrà troppe cose per la testa. Non fate l’errore di pensare che sia sempre il solito monello, tutto istinto e improvvisa­zione. È una persona intelligen­te, anche se vive di emozioni».

Il Pozzecco giocatore non riusciva a stare in panchina e a lei tirava la giacca per farsi rimettere in campo… «È successo. A Varese, lui era il capo di una banda di matti. Nel ‘99 una volta, verso fine stagione regolare, io e il mio staff abbiamo abbandonat­o l’allenament­o, per dare un segnale forte: basta, non date retta, me ne vado, gridai. Vennero loro a cercarci, lui in testa, chiedendo scusa. Poco dopo abbiamo vinto lo scudetto della stella. C’era anche Mrsic».

Quello che per due anni è stato capoallena­tore del Poz, a Zagabria.

«Proprio lui. Cestistica­mente uno scienziato, caratteria­lmente l’opposto di Gianmarco. Me ne ha parlato: è stata un’esperienza importante, molto formativa. Ha viaggiato, ha studiato basket, è molto maturato. E comunque anche da capoallena­tore aveva fatto qualche buona esperienza».

La sua immagine resta però quella della scheggia impazzita.

«È inevitabil­e, nel suo caso.

Ma sarebbe un errore pensare che l’allenatore che è o che diventerà rispecchi il giocatore che era. Conosco tanti giocatori che, con il tempo, sono diventati buoni allenatori con idee opposte a quelle che avevano prima». Anche lei è stato un grande giocatore: quand’è che si cambia definitiva­mente pelle?

«Ognuno ha i suoi tempi, ma è un percorso complesso. Più sei stato amato, più l’etichetta rimane. Se ti senti ancora uno di loro, e dopo tanti anni capita ancora anche a me, il giocatore che sbaglia qualcosa ti vien voglia di coprirlo, invece devi sforzarti di riprenderl­o. Ma saper capire gli umori dello spogliatoi­o è fondamenta­le».

Alla Fortitudo anche di più?

«Chiaro, è un posto speciale per tutti, figurarsi per lui. Se ha accettato l’incarico è perché ama quella maglia, quella città, quei tifosi. Il Poz non fa niente se non è totalmente coinvolto, se non vive le cose visceralme­nte».

L’errore più grave che può fare?

«Sentirsi in missione. Voler dare troppe risposte, e tutte in una volta. Come a Varese: ci teneva troppo e si è bruciato. Ma stavolta non credo succederà».

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Amici e colleghi Carlo Recalcati e Gianmarco Pozzecco

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