Cene con l’artista nel Salotto del cinema
All’Odeon stasera l’incontro con Matteo Farolfi
L’atmosfera è di solito molto rilassata e il clima del «Sal8tto», nello spazio sottostante le sale cinematografiche della multisala Odeon di via Mascarella, sembra davvero l’ambiente ideale per le «cene-simposio» periodicamente organizzate da Odeon Gallery. Questa sera alle 21, (prenotazione: 051/227916), toccherà a «Time Machine» e all’artista ferrarese Matteo Farolfi, classe 1972, che dopo gli studi di fonico all’Accademia delle arti sceniche di Bologna, ha lavorato come speaker radiofonico. Prima di avvicinarsi alla pratica artistica, imparando da autodidatta tecniche di grafica digitale e di pittura e specializzandosi nel mixedmedia.
Cosa succederebbe se l’uomo, di colpo, decidesse di abbandonare la terra? Tra fabbriche disabitate, capannoni lasciati in balia di se stessi e una natura finalmente libera di far marcire assi di legno e corrodere ferri. Farolfi parte da questo quesito per le installazioni fotografiche di «Time Machine», tornando a giocare con il delicato rapporto tra uomo e natura già affrontato in «Ghost Town», il suo precedente lavoro. Questa volta, però, è assente la presenza umana, che si ritrova nelle pareti, nelle poltrone, in un paio di scarpe abbandonate o negli alambicchi. Farolfi la lascia intuire negli oggetti e quindi nei dettagli, sovrapposti alla fotografia attraverso l’intervento digitale. Solo il ricordo, salvato appena un attimo prima di essere perduto per sempre, può riportare l’uomo nel suo mondo. Non a caso «Time Machine» è anche il nome di un’applicazione per computer, che consente di salvare la memoria di ciò che è stato fatto in precedenza. Così una stanza abbandonata diventa una sala d’attesa per un provino e un tavolo da lavoro al centro di una fabbrica la base per una statua votiva. Ma dov’è finito l’uomo? «Tutto — spiega l’artista — arriva a una fine, ma una perdita lascia spazio anche a una rinascita. Ci sono molti mondi dentro ai miei lavori, perché mi piace dar voce a tutto quello che porta una storia». Attraverso le sue opere, Farolfi restituisce così umanità a luoghi e oggetti che sembrano essere già dimenticati.
In mostra «Time Machine» in cui l’autore immagina la Terra abbandonata