SE LA LAICITÀ È TALEBANA
«Sono eguali davanti alla legge, senza distinzione… di religione…»: spero di non apparire superba partendo dall’articolo 3 della Costituzione, ma il dibattito sull’utilizzo dell’ora di religione effettuato da una lungimirante dirigente scolastica mi induce a riflettere.
Riflettere su quanto tutti noi siamo pronti a distorcere questo principio fondamentale. La questione sorge rispetto alla famigerata «ora di religione», insegnamento che in seguito alla revisione del Concordato del 1984 non è più obbligatorio, ma tuttora praticato nella scuola pubblica (tranne per chi sceglie di non avvalersene). L’esistenza di questa anomalia per cui siamo uno Stato laico (Corte Costituzionale, Sentenza n. 203 del 1989) ma proprio in quanto laici, insegniamo la sola religione cattolica, ed esponiamo in alcuni luoghi pubblici (tra cui le scuole) il crocifisso fa sì che nella realtà dei fatti la nostra laicità sia particolarmente flebile o per meglio dire sia una «laicità battezzata». In questo quadro immutabile in cui a distanza di più di 30 anni dalla modifica del Concordato, l’ora di alternativa è ancora una chimera (spesso non esiste un’aula dedicata per chi non frequenta l’ora di religione e gli studenti restano «parcheggiati» nei corridoi o lasciati alla autogestione), qualcuno incredibilmente insorge perché una dirigente scolastica riesce a fare dell’ora di religione un momento di pluralismo per l’intera comunità scolastica, sì proprio di quel pluralismo (anche religioso) che rappresenta uno dei valori portanti della nostra Costituzione e del nostro vivere insieme. Così si è evidenziato il contrasto tra i paladini di una surrettizia confessi on a lizza zio ne della scuola contro i prodi combattenti laici. Malgrado la stima che nutro nei confronti di molte delle battaglie del Comitato Scuola e Costituzione, non appare condivisibile una laicità che non fa i conti con la realtà e demonizza un encomiabile tentativo di avvicinamento, di apertura e di insegnamento del pluralismo, perché è di scuola che stiamo parlando, e tutti dobbiamo fare un passo indietro affinché i nostri figli abbiano ogni giorno la possibilità di crescere confrontandosi. Stiamo attraversando un periodo complesso e la nostra società civile e politica è in forte difficoltà, stiamo smarrendo la cultura dell’altro, dell’ascolto, dell’eguaglianza e non possiamo permetterci in di stigmatizzare iniziative come questa. Non si deve temere un docente, seppure scelto dalla Curia, che insegna le religioni, ma deve farci paura chi distorce il pluralismo mistificando un concetto neutrale e pacificatore quale quello di laicità, perché la laicità è per sua stessa natura pluralista e mai talebana.