Corriere di Bologna

«Noi delle Notti magiche Walter e Roberto due big»

Schillaci: «Molto diversi, eppure due super campioni»

- Claudio Beneforti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Totò Schillaci, se le chiedo di Donadoni e Zenga cosa mi risponde?

«Che sono stati due grandissim­i giocatori nel loro ruolo. E che tutti i miei compagni di quell’Italia del ‘90 sono miei fratelli».

E poi cosa si può dire di loro?

«Si può parlare di due grandissim­i giocatori che hanno un carattere diverso».

O addirittur­a opposto.

«Sì, meglio opposto. Uno è come se fosse di Aosta e l’altro di Palermo. Cioè, si passa da un capo all’altro dell’Italia. Oppure uno è il Polo Nord e l’altro il Polo Sud, se rende ancora meglio l’idea. Eppure come carattere, pur essendo palermitan­o, mi sento più vicino a Donadoni che a Zenga».

Perché?

«Roberto era e continua a essere come ero

io, paziente, quasi schivo, grande lavoratore silenzioso. Walter no, era un istrione, uno con il petto in fuori, anche se sempre a fin di bene. Poi quando c’era da alzare la voce non ci pensava un attimo, di fronte a una mezza provocazio­ne io e Roberto reagivamo in un modo, Zenga in un altro».

Cioè?

«Io e Donadoni eravamo calmi, non stavamo zitti ma rispondeva­mo a bassa voce, Walter no, si arrabbiava, essendo un istintivo».

Per un attaccante come lei doveva essere bello avere da un lato Donadoni.

«Il massimo, Roberto è stato un’ala straordina­ria, uno dei giocatori di fascia più forti del mondo. Sapeva fare tutto, dribblare, crossare, calciare in porta, e dava sempre anche una mano alla squadra. Se proprio devo andare a trovare il pelo nell’uovo…».

Vada a trovarlo.

«Talvolta faceva una finta in più, e se non stavo attento finiva che sorprendev­a anche me. Alle sue sterzate ci sono cascato io come ci cascava il suo avversario diretto».

Nelle squadre allenate da Donadoni e Zenga riconosce qualcosa del loro carattere?

«A guardarle bene qualcosa c’è. Quelle di Donadoni mi sembrano razionali, quelle di Walter sono brillanti, hanno poca paura. E’ chiaro che il Crotone deve lottare per la salvezza, ma ricordo che la Sampdoria di Zenga era intraprend­ente, esuberante. Poi va detto che Donadoni ha più esperienza almeno in Italia rispetto a Walter, che è andato a lavorare all’estero. Comunque faccio un applauso a tutti e due, fare l’allenatore è quasi una missione, devi pensare al calcio tutto il giorno. Le dico: io preferisco vivere».

È per questo che non lo ha fatto?

«Se io fossi un allenatore, farei giocare tutti. Ed è impossibil­e. Al calcio ho dedicato mezza mia vita, l’altra mezza voglio godermela con quello che ho fatto nella prima, sfruttando anche la mia immagine».

Come, a distanza di 28 anni lei è ancora per la gente l’uomo delle notti magiche?

«Sì, e non solo in Italia. La nazionale è una vetrina eccezional­e. Tenga conto che nel mondiale del ’90 ho vinto la classifica dei cannonieri, sono stato premiato come miglior giocatore e poi sono arrivato secondo nel Pallone d’oro dietro Lothar Matthaus. E nessuno mi toglie dalla testa una cosa».

Quale?

«Se quel mondiale l’avessimo vinto noi come meritavamo, il Pallone d’oro lo avrebbero dato a me».

 ??  ?? Bomber Totò Schillaci, protagonis­ta dei mondiali di Italia ‘90 con Zenga e Donadoni: chiuse il torneo da capocannon­iere con 6 gol (LaPresse)
Bomber Totò Schillaci, protagonis­ta dei mondiali di Italia ‘90 con Zenga e Donadoni: chiuse il torneo da capocannon­iere con 6 gol (LaPresse)

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