Un solido cinema d’azione
Nel cinema contemporaneo i generi si sono a tal punto ibridati che è diventato difficile trovare un buon film che segua le regole di un tempo senza essere né un blockbuster né un prodotto d’essai. Ad essere pignoli, nemmeno Nella tana dei lupi — esordio alla regia dello sceneggiatore Christian Gudegast — lo è, visto che mescola il sottogenere rapina al thriller urbano con molti colpi di scena, eppure quello che vediamo scorrere sullo schermo trasmette l’impianto riconoscibile del film d’azione metropolitano.La scelta vincente è quella di alternare i punti di vista del poliziotto (un braccio violento della legge di una certa amoralità) e del gangster, ognuno circondato da una banda, i cui volti truci e i cui corpi massicci e tatuati sarebbero intercambiabili se non si trovassero per puro caso su due sponde diverse della legge. Ma mentre del poliziotto e della sua indagine sappiamo tutto perché procediamo insieme a lui, del gangster non conosciamo mai in anticipo le mosse, visto che la sceneggiatura lascia volutamente lo spettatore un passo indietro. Il tutto — riecheggiando platealmente il cinema di Michael Mann — viene poi gestito con maestria da un regista che sa il fatto suo in quanto a geometria delle sparatorie e montaggio parallelo. Se qualche passaggio della trama vi risulta oscuro, sappiate che la versione che circola da noi dura 118 minuti, mentre in America risulta di 140. Indagheremo. Per il resto, Gerard Butler — pur tamarro come al solito — accetta di interpretare un eroe imbastardito e soprattutto meno acuto dei suoi contendenti, infinitamente più furbi del protagonista. Insomma, Nella tana dei lupi è uno di quei film fini a se stessi, del tutto dispensabili ma solidissimi che ci fa piacere ritrovare sullo schermo.