La sicurezza via WhatsApp Parte il Progetto Navile
Vede la luce dopo un anno di stop e aggiustamenti il progetto di sicurezza partecipata al Navile Il numero per le segnalazioni sarà gestito dai comitati cittadini. L’assessore: ma no ai poliziotti fai da te
Parte dopo più di un anno di incubazione, il progetto di sicurezza partecipata al Navile con un numero dedicato per le segnalazioni WhastApp. Sarò gestito dai comitati della Bolognina che filtreranno i messaggi da girare alle forze dell’ordine. È stato presentato dall’assessore alla Sicurezza Alberto Aitini e dal presidente del quartiere Navile Daniele Ara. «I cittadini non faranno ronde nè i poliziotti fai da te» ha avvertito l’assessore. E Ara: «In tutti i casi di pericolo bisognerà chiamare comunque le forze dell’ordine». I consigli dei comitati per evitare l’effetto psicosi. Dopo la sperimentazione si penserà ad estenderlo ad altri quartieri.
Non dovrà generare psicosi, non dovrà trasformare i cittadini in «poliziotti fai da te», non dovrà sostituire i numeri delle forze dell’ordine in caso di pericolo. Il progetto di sicurezza partecipata al Navile tramite WhatsApp parte con tanti «ma», finalmente però, dopo più di un anno che se ne parla, è attivo e pronto a raccogliere le segnalazioni dei cittadini per migliorare la vivibilità soprattutto in Bolognina. All’utenza 3248264509 i cittadini del Navile possano ora segnalare via sms o Whatsapp, non telefonate, quello che non va.
È stato presentato ieri dai comitati che hanno aderito al progetto di sicurezza partecipata, che da tempo chiedevano uno strumento di contatto diretto tra cittadini «antenne» e le forze dell’ordine. In conferenza stampa c’erano l’assessore alla Sicurezza Alberto Aitini e il presidente del Navile Daniele Ara. «I cittadini sono le nostre antenne sul territorio ma non faranno ronde» ha precisato subito Aitini. Mentre Ara ha messo dei paletti: «Questo strumento non deve sostituire il rapporto con le istituzioni. Ogni volta che c’è una situazione di pericolo bisogna chiamare polizia, caradell’ordine. binieri o vigili del fuoco. Può essere utile invece per monitorare situazioni di degrado o di spaccio prima che si incancreniscano».
Il rischio di generare piscosi o inondazioni di segnalazioni è noto e anche per questo il progetto ci ha messo un po’ a partire: i carabinieri hanno testato la preparazione dei referenti e hanno fornito un’adeguata formazione, perché saranno i comitati a gestire il numero e non le forze Anche per questo il prefetto Matteo Piantedosi ha preferito che non ci fossero in conferenza stampa. «È un progetto sperimentale, vediamo cosa succede — dice Aitini—. Sono fiducioso perché i comitati sono seri e hanno dimostrato in queste prime settimane di avvio che riescono a filtrare le segnalazioni e comunicare quelle importanti».
E dunque Marinella Degli Esposti del comitato Bologna 2000 elenca le situazioni tipiche da segnalare: «Bivacchi, schiamazzi, degrado, spaccio o situazioni sospette come un’auto abbandonata da molti giorni. In questi casi a volte i cittadini non sanno chi chiamare o temono che non arrivi nessuno». Scrivendo al numero WhatsApp, invece, i referenti delle associazioni (ci sono anche Progetto Bolognina, Vivere il Navile, Residenti dell’ex mercato e altri), vaglieranno ogni input e valuteranno se e come girarlo a chi di dovere.
Il numero sarà attivo 24 ore su 24 ore, i messaggi saranno letti anche di notte, grazie al servizio di guardiania notturna dell’hotel Guercino. «Può essere utile anche per quei casi in cui un cittadino ha paura a segnalare o vuole restare anonimo», dice Simona Bentivogli di Progetto Bolognina, che spiega la scelta dello slogan «La sicurezza del quartiere comincia da te!»: «Vogliamo che i cittadini si sentano partecipi ma soprattutto ascoltati. Il fatto che negli scorsi anni siano nati tanti comitati in Bolognina vuole dire che qualcosa non ha funzionato nella sicurezza».
Attenzione però, mette in guardia il presidente Ara: «C’è la privacy da rispettare quindi le foto non devono essere inviate, si rischia di immortalare persone che non vogliono essere fotografate e possono denunciare».