Distretti industriali, Emilia in vetta E a Bologna spunta la cosmesi
Otto aziende regionali al top in Italia. Quattro bolognesi nel blocco «champion»
Dalle calzature di San Mauro Pascoli, ai salumi di Parma, alle macchine bolognesi per l’imballaggio. Se si prendono in esame i primi 60 distretti industriali italiani per performance e competitività, otto sono emiliano-romagnoli e appartengono al settore alimentare o metalmeccanico. Di fatto i due comparti di punta dell’economia regionale. A dirlo sono i dati diffusi da Intesa Sanpaolo che ha monitorato l’andamento dei nostri 19 distretti, che rappresentano 1.400 imprese e possono contare su un giro d’affari di 25,3 miliardi di euro: solo tra il 2008 e il 2017 il loro fatturato è aumentato del 17,3%, oltre quattro punti percentuali in più rispetto alla media nazionale.
Dall’analisi di ogni singola area, in 14 hanno chiuso il 2017 in positivo: più degli altri faticano i ciclomotori bolognesi che hanno concluso l’anno con un -1,2%, l’alimentare di Parma (-2,4%), l’abbigliamento di Carpi (-16,4%), i salumi del modenese (-2,1%) e il biomedicale di Mirandola (-1,6%). Per chi invece è cresciuto la differenza l’ha fatta l’export, che nell’arco del 2017 è aumentato del 2,7%, generando una quota di affari pari a 13,2 miliardi di euro (poco più del 50% del fatturato totale). Ad andare meglio sono i rapporti con i mercati più maturi, come la Germania, la Francia, a Cina e gli Usa, che pesano circa il 65,2 dell’export totale. Ma non sono da meno altri Paesi, come la Russia, dove l’anno scorso le vendite oltreconfine sono arrivate a +20,3%, grazie ai distretti delle macchine per l’imballaggio bolognesi e all’abbigliamento di Rimini. Se questo modello, fatto di aziende che si specializzano e alleano tutte nello stesso settore, va bene, è anche merito di alcune aziende — sono 96 e sono definite «champion» perché hanno visto il fatturato crescere del 15% — che vanno meglio di altre. Sulle prime 25 champion in regione, quattro sono bolognesi e sono tutte attive nella filiera dell’imballaggio. Poi c’è il caso della cosmesi, un distretto che sta sorgendo a Parma e a Bologna (indice di specializzazione 1,7). «Ci sono più elementi che portano a pensare che i distretti possano continuare ad essere un punto forte della nostra economia — spiega Tito Nocentini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo —. Su tutti lo sviluppo di nuove imprese “champion”».
A spingere sull’acceleratore è anche la presenza di realtà giovani, che in regione rappresentano il 7% delle attività economiche dei distretti, contro il 9,9% a livello nazionale. Solo nel 2016 chi ha meno di 35 anni ha registrato un giro d’affari del +12,4% in più rispetto al 2011, contro la media totale degli imprenditori regionali che, nello stesso periodo, si sono fermati al +4,1%. «In Emilia Romagna c’è una spinta importante — sottolinea Giovanni Baroni, presidente della Piccola Industria di Confindustria regionale —, le nostre aziende stanno aumentando redditività e fatturato, ma bisognerebbe fare di più. La crescita c’è, ma è necessario che il contesto esterno l’accompagni, creando situazioni favorevoli».