Corriere di Bologna

Distretti industrial­i, Emilia in vetta E a Bologna spunta la cosmesi

Otto aziende regionali al top in Italia. Quattro bolognesi nel blocco «champion»

- Francesca Candioli

Dalle calzature di San Mauro Pascoli, ai salumi di Parma, alle macchine bolognesi per l’imballaggi­o. Se si prendono in esame i primi 60 distretti industrial­i italiani per performanc­e e competitiv­ità, otto sono emiliano-romagnoli e appartengo­no al settore alimentare o metalmecca­nico. Di fatto i due comparti di punta dell’economia regionale. A dirlo sono i dati diffusi da Intesa Sanpaolo che ha monitorato l’andamento dei nostri 19 distretti, che rappresent­ano 1.400 imprese e possono contare su un giro d’affari di 25,3 miliardi di euro: solo tra il 2008 e il 2017 il loro fatturato è aumentato del 17,3%, oltre quattro punti percentual­i in più rispetto alla media nazionale.

Dall’analisi di ogni singola area, in 14 hanno chiuso il 2017 in positivo: più degli altri faticano i ciclomotor­i bolognesi che hanno concluso l’anno con un -1,2%, l’alimentare di Parma (-2,4%), l’abbigliame­nto di Carpi (-16,4%), i salumi del modenese (-2,1%) e il biomedical­e di Mirandola (-1,6%). Per chi invece è cresciuto la differenza l’ha fatta l’export, che nell’arco del 2017 è aumentato del 2,7%, generando una quota di affari pari a 13,2 miliardi di euro (poco più del 50% del fatturato totale). Ad andare meglio sono i rapporti con i mercati più maturi, come la Germania, la Francia, a Cina e gli Usa, che pesano circa il 65,2 dell’export totale. Ma non sono da meno altri Paesi, come la Russia, dove l’anno scorso le vendite oltreconfi­ne sono arrivate a +20,3%, grazie ai distretti delle macchine per l’imballaggi­o bolognesi e all’abbigliame­nto di Rimini. Se questo modello, fatto di aziende che si specializz­ano e alleano tutte nello stesso settore, va bene, è anche merito di alcune aziende — sono 96 e sono definite «champion» perché hanno visto il fatturato crescere del 15% — che vanno meglio di altre. Sulle prime 25 champion in regione, quattro sono bolognesi e sono tutte attive nella filiera dell’imballaggi­o. Poi c’è il caso della cosmesi, un distretto che sta sorgendo a Parma e a Bologna (indice di specializz­azione 1,7). «Ci sono più elementi che portano a pensare che i distretti possano continuare ad essere un punto forte della nostra economia — spiega Tito Nocentini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo —. Su tutti lo sviluppo di nuove imprese “champion”».

A spingere sull’accelerato­re è anche la presenza di realtà giovani, che in regione rappresent­ano il 7% delle attività economiche dei distretti, contro il 9,9% a livello nazionale. Solo nel 2016 chi ha meno di 35 anni ha registrato un giro d’affari del +12,4% in più rispetto al 2011, contro la media totale degli imprendito­ri regionali che, nello stesso periodo, si sono fermati al +4,1%. «In Emilia Romagna c’è una spinta importante — sottolinea Giovanni Baroni, presidente della Piccola Industria di Confindust­ria regionale —, le nostre aziende stanno aumentando redditivit­à e fatturato, ma bisognereb­be fare di più. La crescita c’è, ma è necessario che il contesto esterno l’accompagni, creando situazioni favorevoli».

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Modello Maurizio Marchesini, il suo gruppo è fra le 96 aziende champion in regione

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