Corriere di Bologna

Il racconto all’agente segreto infiltrato nella ditta di Crespellan­o «Daesh cammina nel giusto»

- di Andreina Baccaro An. B. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Daesh e Al-Nusra stanno camminando in nome di Dio e stanno facendo le cose giuste». «Chi si presta a fare il kamikaze deve amare la religione e non avere paura della morte. Egli è una persona diversa dalle altre, ma tutti sanno che andando a morire andrà in Paradiso sulla strada giusta». «Comunque quello che vince la guerra è colui che va a morire con gli altri».

È il 24 aprile 2017, Ayoub Chaddad, «schedato» come foreign fighter dai servizi italiani, si confida con il collega di lavoro del magazzino Gls a Crespellan­o Rabia Hadba, ufficialme­nte libanese. Ma Chaddad non sa che Rabia è un nome falso ed è in realtà un informator­e dello Scico della Guardia di Finanza, infiltrato nella Clt consulting srl insieme ad un agente sotto copertura per pedinarlo e farlo parlare, in modo da dimostrare il coinvolgim­ento con combattent­i nel conflitto siriano e la sua attività di finanziame­nto illecito del gruppo terroristi­co Al Nusra. La stessa assunzione di Chaddad è stata in realtà pilotata dalla Guardia di Finanza che dal 2016 indagava sui due gruppi dediti al finanziame­nto al terrorismo con base in Lombardia e in Sardegna.

Ayoub parla con il collega e gli racconta di aver partecipat­o direttamen­te al conflitto siriano, spiegando che uno dei suoi fratelli era a capo di una falange del Daesh e che lui stesso avrebbe combattuto per ben quattro anni negli schieramen­ti di Jabhat Al-Nusra, di essere stato tratto in arresto da milizie Hezbollah e di aver trascorso otto mesi di prigionia in una cella di un solo metro quadro. E, ancora, di aver ucciso molte persone e di essere rimasto ferito a una gamba. «Ma quel che più conta — scrive il gip di Brescia nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere —, nel corso dell’operazione sotto copertura Ayoub si dichiarava espressame­nte disponibil­e a garantire e pronto ad effettuare trasferime­nti di denaro in Siria a sostegno della causa antigovern­ativa, anche a favore di gruppi armati di orientamen­to jihadista e con finalità terroristi­che».

Ayoub si fida così tanto del suo collega che spesso gli chiede soldi in prestito, facendo riferiment­o a non meglio precisati «impegni assunti in Siria». Il 23 maggio 2017 il siriano fa leggere al collega sotto copertura alcuni messaggi ricevuti su WhatsApp dalla Siria, poi fa una telefonata vocale a qualcuno in Siria per chiedergli chi avesse dato il suo numero ad una terza persona che lo aveva chiamato per chiedergli «denaro per la causa» e si lamenta per le pressanti richieste. L’infiltrato libanese a quel punto gli chiede perché non blocchi tali contatti e Ayoub risponde che il soggetto che gli chiede soldi è un esponente di alto rango al quale non si può dire di no.

Quando Chaddad racconta a Rabia di aver combattuto in Siria con l’Esercito siriano libero e di essere costretto a soddisfare continue richieste di denaro, l’infiltrato gli fa credere di essere disponibil­e a raccoglier­e fondi per finanziare la causa siriana e Ayoub lo rassicura che il denaro sarà portato in Siria dalle vedove di miliziani che tramite gli Imam delle moschee lo faranno distribuir­e ai combattent­i. A giugno del 2017 il siriano racconta a Rabia che suo cugino, a suo dire un militante di alto rango dei ribelli anti-Assad, è rimasto gravemente ferito da una mina e gli chiede 200 euro da inviare in Siria. Dopo alcuni giorni lo informa di aver raccolto 700 euro che, tramite sua moglie, sarebbero stati trasferiti prima in Qatar e poi in Libano, dove il cugino era stato ricoverato. Quando a luglio 2017 il cugino combattent­e muore, Ayoub mostra dei video che lo ritraggono con dietro il vessillo nero di

Gli investigat­ori hanno pilotato l’assunzione nella società per cercare riscontri

 Chi si presta a fare il kamikaze deve amare la religione e non avere paura della morte. Egli è una persona diversa dalle altre ma tutti sanno che andando a morire andrà in paradiso sulla strada giusta

 Il vero rivoluzion­ario è colui che prende il fucile e va alla frontiera, non quello di Facebook. Sono le vedove siriane che portano i soldi nelle moschee, poi gli imam li distribuis­co -no ai miliziani

L’infiltrato ha registrato i colloqui in cui diceva di aver combattuto in Siria con gli anti Assad

Daesh e all’osservazio­ne dell’infiltrato che gli fa notare che quello non era un combattent­e dell’Esercito di liberazion­e, ma dello Stato islamico, lui stesso annuisce.

Il 26 luglio 2017 l’infiltrato ha addosso un registrato­re, autorizzat­o dal pubblico ministero che coordina l’indagine, e registra Ayoub Chaddad mentre gli spiega di aver combattuto nella zona di Arsal e che i soldi da lui raccolti sarebbero finiti a un generale impegnato con le sue truppe in Libano.

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Sul campo Un filmato con i miliziani finito agli atti dell’inchiesta

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