Il racconto all’agente segreto infiltrato nella ditta di Crespellano «Daesh cammina nel giusto»
«Daesh e Al-Nusra stanno camminando in nome di Dio e stanno facendo le cose giuste». «Chi si presta a fare il kamikaze deve amare la religione e non avere paura della morte. Egli è una persona diversa dalle altre, ma tutti sanno che andando a morire andrà in Paradiso sulla strada giusta». «Comunque quello che vince la guerra è colui che va a morire con gli altri».
È il 24 aprile 2017, Ayoub Chaddad, «schedato» come foreign fighter dai servizi italiani, si confida con il collega di lavoro del magazzino Gls a Crespellano Rabia Hadba, ufficialmente libanese. Ma Chaddad non sa che Rabia è un nome falso ed è in realtà un informatore dello Scico della Guardia di Finanza, infiltrato nella Clt consulting srl insieme ad un agente sotto copertura per pedinarlo e farlo parlare, in modo da dimostrare il coinvolgimento con combattenti nel conflitto siriano e la sua attività di finanziamento illecito del gruppo terroristico Al Nusra. La stessa assunzione di Chaddad è stata in realtà pilotata dalla Guardia di Finanza che dal 2016 indagava sui due gruppi dediti al finanziamento al terrorismo con base in Lombardia e in Sardegna.
Ayoub parla con il collega e gli racconta di aver partecipato direttamente al conflitto siriano, spiegando che uno dei suoi fratelli era a capo di una falange del Daesh e che lui stesso avrebbe combattuto per ben quattro anni negli schieramenti di Jabhat Al-Nusra, di essere stato tratto in arresto da milizie Hezbollah e di aver trascorso otto mesi di prigionia in una cella di un solo metro quadro. E, ancora, di aver ucciso molte persone e di essere rimasto ferito a una gamba. «Ma quel che più conta — scrive il gip di Brescia nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere —, nel corso dell’operazione sotto copertura Ayoub si dichiarava espressamente disponibile a garantire e pronto ad effettuare trasferimenti di denaro in Siria a sostegno della causa antigovernativa, anche a favore di gruppi armati di orientamento jihadista e con finalità terroristiche».
Ayoub si fida così tanto del suo collega che spesso gli chiede soldi in prestito, facendo riferimento a non meglio precisati «impegni assunti in Siria». Il 23 maggio 2017 il siriano fa leggere al collega sotto copertura alcuni messaggi ricevuti su WhatsApp dalla Siria, poi fa una telefonata vocale a qualcuno in Siria per chiedergli chi avesse dato il suo numero ad una terza persona che lo aveva chiamato per chiedergli «denaro per la causa» e si lamenta per le pressanti richieste. L’infiltrato libanese a quel punto gli chiede perché non blocchi tali contatti e Ayoub risponde che il soggetto che gli chiede soldi è un esponente di alto rango al quale non si può dire di no.
Quando Chaddad racconta a Rabia di aver combattuto in Siria con l’Esercito siriano libero e di essere costretto a soddisfare continue richieste di denaro, l’infiltrato gli fa credere di essere disponibile a raccogliere fondi per finanziare la causa siriana e Ayoub lo rassicura che il denaro sarà portato in Siria dalle vedove di miliziani che tramite gli Imam delle moschee lo faranno distribuire ai combattenti. A giugno del 2017 il siriano racconta a Rabia che suo cugino, a suo dire un militante di alto rango dei ribelli anti-Assad, è rimasto gravemente ferito da una mina e gli chiede 200 euro da inviare in Siria. Dopo alcuni giorni lo informa di aver raccolto 700 euro che, tramite sua moglie, sarebbero stati trasferiti prima in Qatar e poi in Libano, dove il cugino era stato ricoverato. Quando a luglio 2017 il cugino combattente muore, Ayoub mostra dei video che lo ritraggono con dietro il vessillo nero di
Gli investigatori hanno pilotato l’assunzione nella società per cercare riscontri
Chi si presta a fare il kamikaze deve amare la religione e non avere paura della morte. Egli è una persona diversa dalle altre ma tutti sanno che andando a morire andrà in paradiso sulla strada giusta
Il vero rivoluzionario è colui che prende il fucile e va alla frontiera, non quello di Facebook. Sono le vedove siriane che portano i soldi nelle moschee, poi gli imam li distribuisco -no ai miliziani
L’infiltrato ha registrato i colloqui in cui diceva di aver combattuto in Siria con gli anti Assad
Daesh e all’osservazione dell’infiltrato che gli fa notare che quello non era un combattente dell’Esercito di liberazione, ma dello Stato islamico, lui stesso annuisce.
Il 26 luglio 2017 l’infiltrato ha addosso un registratore, autorizzato dal pubblico ministero che coordina l’indagine, e registra Ayoub Chaddad mentre gli spiega di aver combattuto nella zona di Arsal e che i soldi da lui raccolti sarebbero finiti a un generale impegnato con le sue truppe in Libano.