Corriere di Bologna

Berlinguer e la fine del Pci, alle radici dei guai di oggi

- Marco Marozzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

In un partito ex comunista che si sbrana, qualcuno va a cercare le radici dei guai. «L’inganno di Berlinguer» di Domenico Del Prete è «La mancata svolta verso una sinistra di governo». Nel libro, edito da Pendragon, il rispetto finalmente non diventa melassa. Dopo Benigni, le canzonette di Venditti, il film (il meno sdolcinato) di Veltroni, i quadri comunque, le foto dovunque e molto altro: Enrico Berlinguer è stato, fra morti, morenti, evocati, l’unico politico applaudito dalla folla nell’ultimo spettacolo-disco di Andrea Mingardi e persino al Paladozza nel film per i 60 anni del Palazzo. Del Prete, ddp, appartiene a una cultura di sinistra senza se e ma, dalla storia del Il Manifesto a la Repubblica, una generazion­e che credeva di sposare rivoluzion­e (poi almeno innovazion­e) ed equa promozione. Molti si sono distrutti, tanti adeguati, qualcuno ha capito. Lo racconta molto bene Paolo Mieli, ragazzo di Potere Operaio, ora storico dopo aver diretto giornali, figlio di Renato, intellettu­ale del Pci di Togliatti: parla di Berlinguer, nel libro di Del Prete e racconta visioni. «Un comunista galantuomo mai al passo con la modernità» è il suo segretario del Pci, morto quasi in piazza, a Padova, nel 1984. Del Prete, facendo parlare gli altri, narra «la storia della fine del Pci». E «soprattutt­o la storia della sconfitta del suo ultimo grande leader» che «fra i tanti strappi, veri o presunti non fece quello che sarebbe stato il più importante per il popolo comunista italiano: la svolta verso una sinistra di governo alternativ­a ma pienamente inserita nella democrazia occidental­e». Dopo Bologna Rossa del Pci, del «potere bottegaio» e «rossa di vergogna» degli autonomi del ‘77, di cui Del Prete si è occupato in altri libri, l’ex capitale del comunismo occidental­e ha un argomento ancor più storicamen­te triste per le sue insperate riflession­i. Nessun bolognese appare fra i testimoni della «fine del Pci». Solo Achille Occhetto, ammogliato a Bologna ben prima della Bolognina e dell’addio al Pci «inevitabil­e» e troppo tardi. Berlinguer era onesto e non capiva. Un maestro, come Zaccagnini, ma da superare: lo dice l’ex dc Marco Follini, accolto malamente nel costituend­o Pd insieme al socialista Ugo Intini. Amarissima la riflession­e su Craxi dell’ex Pci Petrucciol­i. Macerie e occasioni rubate. Lo narrano Napolitano, Macaluso, Tortorella, la destra comunista e la sinistra di Bassolino e Luciana Castellina. Il filosofo Biagio De Giovanni e un D’Alema alla perenne narrazione di sé stesso. La fine del Pci è percorsa in 237 pagine. Il programma del governo Prodi del 2006 era di 281: ultima vittoria della sinistra, durata due anni.

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Il saggio di Del Prete
In libreria Il saggio di Del Prete

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