Il viaggio nelle cotture perfette I piatti (in arrivo) di Max Poggi
Lo chef dilata i confini delle pietanze storiche. Ed emoziona sempre di più
Torno a parlare di Max Poggi a distanza di sei mesi, perché trovo che lui sia, ora più che mai, il nuovo faro della ristorazione del territorio. Lo seguo sin dalla prima volta che scrissi di lui nel ‘96. E devo dire che i vertici di eccellenza che ha raggiunto in questi ultimi tempi erano (forse) impensabili, anche solo fino a qualche anno fa. Poggi si trova in uno stato di effervescente felicità creativa, che — non raccontiamoci le favole — non gli viene da un’investitura dal cielo, ma da una feroce disciplina di metodo, di studio, di provare e riprovare i piatti, fino a che, dopo un veloce reset, tutto vada al proprio posto e nel migliore dei modi. Disciplina e talento sono un binomio necessario, che non puoi spezzare. Sono capitato qualche giorno fa, a cena, quasi per caso, al Trebbo e quanta gioia mi hanno regalato i suoi nuovi piatti (a breve in menu). Solidi, solidissimi, inattaccabili, sfoderano un equilibro che nulla e nessuno possono «spostare», perché hanno i piedi ben piantati nella terra. Partiamo proprio da quest’utima, dal territorio e dalla stagionalità. Uovo e asparagi: crema d’uovo glassata con profumi di porcini, succo di asparagi (ottenuto per estrazione), un nido di zucchine, barba del frate e asparagi e sotto un cucchiaio di crema di parmigiano leggermente affumicato. Poi la tanto attesa Cotoletta, che Poggi fa con il piccione. La coscia viene sgrassata e snervata, la pelle viene tolta, l’osso viene simbolicamente mantenuto e la carne poi impanata con uovo e parmigiano e cotta. Sopra una salsa al prosciutto crudo, del pomodoro concentrato e degli spinaci al burro. Un piccolo déjà-vu con un suo piatto storico (ai tempi del primo Cambio) ora rivisto: Storione al pomodoro, che in ultima analisi sembra l’esaltazione massima della conserva di pomodoro. Lo storione, pesce d’acqua dolce di grande carattere, viene servito quasi crudo e sopra ci va poi del pomodoro in versione ghiacciolo e gelatina. Il piccione che vedete nella foto grande sfiora la perfezione: ematico e di souplesse al contempo, come un grande vino di Borgogna che ti ondeggia impetuoso in bocca (cottura a carbone che non supera i 55°). Quella di Poggi, in sintesi estrema, è una cucina profondamente radicata nell’humus natìo, ma cosmopolita per ampiezza di riferimenti. Se i piatti, nella loro aforistica descrizione in carta (per esempio Uovo e asparagi), possono sembrare «scontati», nuovi sono i tragitti espressivi elaborati. Quello che fa essenzialmente Poggi è prendere i piatti storici, dilatandone i confini, scavandone il sottosuolo, che arricchisce con il suo cuore. Gioia.