ALCOL E MINORI DATI ALLARMANTI
Idati sul consumo di alcol sono allarmanti. In Italia sono circa 9 milioni le persone che abusano di alcol e sono a rischio delle malattie correlate. Il vino è perlopiù limitato ai pasti e si moltiplica il vizio di bere, dalla birra ai cocktail, durante il tempo libero. Vanno incontro al pericolo d’intossicazione acuta in particolare i 16-17enni (più di ottocentomila) e i «giovani anziani» 6575enni (quasi tre milioni). Aumentano i casi di ragazzi e giovani che durante il fine settimana finiscono ricoverati al pronto soccorso dell’ospedale in stato d’intossicazione acuta. Il fenomeno viene denominato «binge drinking»: è un’abbuffata etilica con un miscuglio di alcolici, spesso aggravato da altre sostanze intossicanti, che vengono consumati in breve tempo. Il trend è in continua crescita fra i giovanissimi: si è passati dal 15,6% nel 2015 al 17% nel 2016. In Emilia-Romagna la piaga dell’alcolismo in giovane e tarda età non è di minore allarme. A Bologna tra il 2009 e il 2017 sono stati registrati oltre 16 mila ricoveri al pronto soccorso: di questi, 554 erano minori, con un picco tra i 15 e i 16 anni. Il dato davvero allarmante è il ricovero per intossicazione acuta di ragazzi con età inferiore ai quattordici anni. I sedici casi non vanno sottovalutati, perché fanno capire che il fenomeno sfugge a ogni controllo e che la legge non è rispettata e fatta rispettare, a partire dai pubblici esercizi. Se si prende in considerazione lo studio pubblicato dalla rivista scientifica Lancet, che dimostra come l’alcol può accorciare la vita di 30 minuti per ogni bicchiere di vino in più di quello consigliato (uno o due a pasto per gli adulti), occorre una politica che riduca i limiti legali in vigore e renda assoluto il divieto ai minori. È chiaro che una legislazione più restrittiva e una sorveglianza più rigorosa sono importanti, ma di certo non sono la risoluzione. Occorrono politiche di promozione della salute e di prevenzione della dipendenza da sostanze che non possono essere settoriali e verticali (interventi dei singoli servizi sanitari o sociali). Le politiche preventive debbono partire dagli enti locali e dalla loro capacità di predisporre programmi intersettoriali e orizzontali, chiamando gli assessorati interessati, le famiglie, la scuola, i servizi sanitari e sociali, le associazioni, il volontariato e le altre risorse presenti sul territorio a divenire agenti promotori della salute fin dai primi anni di vita.