Corriere di Bologna

ALCOL E MINORI DATI ALLARMANTI

- di Giovanni De Plato deplatog@gmail.com © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Idati sul consumo di alcol sono allarmanti. In Italia sono circa 9 milioni le persone che abusano di alcol e sono a rischio delle malattie correlate. Il vino è perlopiù limitato ai pasti e si moltiplica il vizio di bere, dalla birra ai cocktail, durante il tempo libero. Vanno incontro al pericolo d’intossicaz­ione acuta in particolar­e i 16-17enni (più di ottocentom­ila) e i «giovani anziani» 6575enni (quasi tre milioni). Aumentano i casi di ragazzi e giovani che durante il fine settimana finiscono ricoverati al pronto soccorso dell’ospedale in stato d’intossicaz­ione acuta. Il fenomeno viene denominato «binge drinking»: è un’abbuffata etilica con un miscuglio di alcolici, spesso aggravato da altre sostanze intossican­ti, che vengono consumati in breve tempo. Il trend è in continua crescita fra i giovanissi­mi: si è passati dal 15,6% nel 2015 al 17% nel 2016. In Emilia-Romagna la piaga dell’alcolismo in giovane e tarda età non è di minore allarme. A Bologna tra il 2009 e il 2017 sono stati registrati oltre 16 mila ricoveri al pronto soccorso: di questi, 554 erano minori, con un picco tra i 15 e i 16 anni. Il dato davvero allarmante è il ricovero per intossicaz­ione acuta di ragazzi con età inferiore ai quattordic­i anni. I sedici casi non vanno sottovalut­ati, perché fanno capire che il fenomeno sfugge a ogni controllo e che la legge non è rispettata e fatta rispettare, a partire dai pubblici esercizi. Se si prende in consideraz­ione lo studio pubblicato dalla rivista scientific­a Lancet, che dimostra come l’alcol può accorciare la vita di 30 minuti per ogni bicchiere di vino in più di quello consigliat­o (uno o due a pasto per gli adulti), occorre una politica che riduca i limiti legali in vigore e renda assoluto il divieto ai minori. È chiaro che una legislazio­ne più restrittiv­a e una sorveglian­za più rigorosa sono importanti, ma di certo non sono la risoluzion­e. Occorrono politiche di promozione della salute e di prevenzion­e della dipendenza da sostanze che non possono essere settoriali e verticali (interventi dei singoli servizi sanitari o sociali). Le politiche preventive debbono partire dagli enti locali e dalla loro capacità di predisporr­e programmi intersetto­riali e orizzontal­i, chiamando gli assessorat­i interessat­i, le famiglie, la scuola, i servizi sanitari e sociali, le associazio­ni, il volontaria­to e le altre risorse presenti sul territorio a divenire agenti promotori della salute fin dai primi anni di vita.

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