La «casa madre» stronca lo strappo di Manutencoop E «rottama» Levorato
I vertici dopo lo strappo: «Parla di rinnovamento ed è lì da 40 anni. Un errore confermarlo alla guida»
Dopo lo strappo di Manutencoop e le accuse, la Lega spara a zero sul presidente Claudio Levorato. Ad attaccarlo sono i vertici che ieri si sono riuniti per affrontare alla storica fuoriuscita della coop. «Sono anni che non si vede, preferisce rilasciare interviste o fare monologhi. Il cooperatore capitalista non esiste, faccia la sua strada» E, ancora: «Parla di rinnovamento ed è li da 40 anni». Infine la porta aperta a Manutencoop: il cda si ripensi.
«Da due anni non partecipa più alle attività degli organismi preposti, fa monologhi durante l’assemblea e rilascia solo interviste. Mi piacerebbe fare un confronto pubblico con lui e capire le motivazioni vere, perché quelle lette sono risibili e rigettabili. Tutte». Nella sfida che il presidente nazionale di Legacoop Mauro Lusetti lancia al presidente di Manutencoop Claudio Levorato, c’è molto o quasi tutto dei rapporti giunti al capolinea tra l’associazione e una delle più importanti cooperative italiane. «Sì ma non è la terza, è la 17 esima. Vuole dire che prima di Manutencoop ce ne sono altre 16 che hanno fatto scelte diverse senza mettere in discussione la forma cooperativa per garantire lo sviluppo», il primo sassolino di Lusetti, che rende bene l’idea di come Legacoop abbia accolto l’addio di Levorato. Nessuno dei massimi dirigenti ieri riuniti nella torre di viale Aldo Moro si è messo le mani tra i capelli. Tra quelli presenti e quelli intervenuti in videoconferenza, c’era tutto il gotha cooperativo. Il numero uno di Unipol Pierluigi Stefanini, il presidente di Coop Alleanza Adriano Turrini, quello di Granarolo Gianpiero Calzolari. E poi i presidenti di Legacoop, da Lusetti a quello regionale Giovanni Monti, alla bolognese Rita Ghedini. Al termine, la linea comune è ribattere alle accuse di Levorato e tendere una mano non tanto a lui, quanto ai lavoratori, perché «abbiamo a cuore il destino delle imprese cooperative, ci sentiamo responsabili nei confronti di soci, dipendenti e generazioni future», si legge nel documento approvato da tutti. Ma sono le parole rilasciate a margine da Lusetti, Monti e anche da Ghedini (nell’intervista qui sotto) a raccontare bene l’aria che si respira dentro Legacoop. Lusetti vuole capire da Levorato le ragioni vere del suo addio, perché quelle diffuse in questi ultimi giorni (mancato sostegno e incapacità di Legacoop nell’affrontare la crisi) non lo convincono. «Levorato vuole trasformare sempre più la cooperativa in un’impresa privata? Se è così lo faccia fino in fondo. Ma il cooperatore capitalista in natura non esiste», l’affondo di Lusetti. È il giorno dell’orgoglio dei cooperatori che dopo aver dovuto affrontare la stagione degli scandali giudiziari, non hanno voglia ora di ascoltare il rimbrotto di «un presidente che parla di rinnovamento e da quasi 40 anni è alla guida della società». Tutto questo, «non è normale», attacca ancora Lusetti, ma «nonostante Levorato ci accusi di dirigismo, esiste l’autonomia dei soci e delle singole cooperative, anche quando commettono l’errore di confermare per 40 anni la stessa persona». Uno spiraglio però Legacoop lo vuole tenere ancora aperto. «Abbiamo ricevuto una richiesta da Manutecoop dieci giorni fa per un sostegno finanziario da un nostro fondo mutualistico e ci eravamo attivati. Quindi chiusure e preclusioni non ce ne sono. Sediamoci attorno a un tavolo e parliamone». Apertura che arriva anche dal leader regionale. «È vero che l’assemblea ha votato, ma il cda può ancora decidere per una diversa valutazione», suggerisce Monti. Perché «è evidente che questo abbandono per noi è un danno. Ma Legacoop, sia chiaro, vive anche senza Manutencoop».