BERLINGUER «L’INGANNO» POLITICO
Ambasciatori Domani la presentazione del libro di Domenico Del Prete con Piero Ignazi e l’ex sindaco Walter Vitali. È un viaggio al tempo del Pci ed è il racconto della mancata svolta del principale partito della sinistra italiana, che scelse di restare ancorato al Comunismo e di non diventare socialdemocratico
Le 237 pagine del libro di Domenico Del Prete L’inganno di Berlinguer appassionano e scorrono veloci, sono un dolce caleidoscopio dei ricordi per la generazione che ha vissuto quegli anni e una preziosa mappa per chi non c’era. Racconta la parabola politica e umana di Enrico Berlinguer attraverso i racconti e le testimonianze di chi ha avuto posizioni di prima fila in quegli anni nel Pci e ha il coraggio di criticare le scelte politiche del personaggio più importante nell’album di famiglia della sinistra italiana.
Qual è stato dunque l’inganno di Berlinguer? Quello di non anticipare i tempi perché era convinto che «non si dovesse diventare socialdemocratici e che bisognasse restare ancora al campo del Comunismo». Concetti che nel libro esprime con nettezza anche l’ex direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli parlando di Berlinguer come di un galantuomo che però non aveva saputo leggere le cose del mondo. «Ha aspettato il 1980 per parlare di esaurimento della spinta propulsiva della Rivoluzione d’ottobre» osserva Mieli.
Ma il viaggio a ritroso in quegli anni che vanno dallo spartiacque di Budapest del 1956 fino alle monetine tirate a Craxi ci riporta ad una politica che spesso si confonde con la vita e che, soprattutto nel principale partito della sinistra, può diventare totalizzante. Tanto che i segretari, come ricorda ancora Mieli, si cambiano o per gravi malattie o perché muoiono. Le pagine di Del Prete ci riconducono ad un periodo dove le parole contavano e cambiavano la storia e per questo venivano meditate e pronunciate con attenzione, ad un tempo in cui essere nel partito contava di più che essere in Parlamento. E dove ogni scelta, giusta e sbagliata, veniva sorretta da un’etica pubblica. Sentite come Giuseppe Vacca parla di D’Alema e dell’ultimo referendum costituzionale: «Ha compiuto un atto distruttivo sulla pelle del Paese perché ha ritenuto che Renzi fosse da abbattere ad ogni costo. Poi si vedrà cosa fare. Una scelta che Gramsci avrebbe giudicato sovversiva». C’è molta Bologna nelle pagine del libro a partire naturalmente dalla svolta della Bolognina e tanti aneddoti. Uno su tutti: il racconto di quando il responsabile della sezione internazionale del Pcus, Boris Ponomariov chiede a Guido Fanti dove nascondevano le armi. La risposta? «Non abbiamo depositi nascosti e se li avessimo, non verremmo certo a dirlo a voi». Per chi vuole saperne di più l’appuntamento è per domani alle 18 all’Ambasciatori: oltre all’autore interverranno anche Piero Ignazi e Walter Vitali.