Provocazione Merola «Boicottate i colossi che sfruttano i rider»
Firmano solo Sgnam e Mymenu. Il sindaco: se ordinate una pizza non chiamate chi sfrutta
La Carta dei diritti del lavoro digitale parte dimezzata. I big delle consegne di cibo online disertano l’accordo, solo Sgnam e Mymenu lo sottoscrivono. La provocazione del sindaco Virginio Merola: «Quando ordinate una pizza boicottate chi sfrutta i rider».
La prima Carta per i diritti del lavoro digitale in Italia, sottoscritta ieri a Palazzo d’Accursio, ha il demerito di avere tra i firmatari solo due piattaforme, Sgnam e Mymenu (che poi in realtà è più corretto parlare di una sola società, visto che si sono fuse da poco) che rappresentano 140 su 500 fattorini bolognesi. Ha però il merito di svelare sotto gli occhi di tutti il disinteresse dei colossi del cibo a domicilio per le condizioni di lavoro dei loro rider. E se piattaforme come Justeat, Deliveroo, Glovo e Foodora non hanno avuto problemi a ignorare un accordo che proponeva diritti minimi per i fattorini (equo compenso orario, stop alle consegne in caso di condizioni meteo proibitive, obbligo di assicurazione) altrettanto ne ha avuto il sindaco Virginio Merola a invitare tutti a boicottarle.
«C’è un potere bellissimo ed enorme: se ordinate una pizza da uno che sfrutta, avete la possibilità di ordinarla da uno che non sfrutta. I bolognesi su questo saranno molto attenti. Un invito a boicottare chi non ha firmato? Certamente». Più chiaro di così, il primo cittadino non poteva essere. Un aiuto indiretto al boicottaggio arriverà proprio da Palazzo d’Accursio, che sul proprio sito pubblicherà presto il testo dell’accordo e i due soggetti firmatari (oltre ai sindacati confederali e all’unione dei rider). Come a dire: meglio evitare gli altri. Ma seguire il consiglio di Merola non è certo impresa facile, perché il consumatore che ordina una pizza o altro cibo a domicilio spesso non sa per quale piattaforma lavora il ragazzo che da lì a breve busserà alla sua porta. E infatti questo dovrebbe essere il prossimo passaggio: sensibilizzare le attività commerciali che si appoggiano a questi colossi.
Il no dei big del food delivery ha due ragioni: non ha senso, è la tesi, firmare un accordo in una singola città e legarci a quelle condizioni quando lavoriamo in tutta Italia; nessuna intenzione a impegnarsi per un equo compenso e per contratti precari (e non più precarissimi).
La sensazione però è che la lotta sia appena iniziata. Bologna e l’assessore al Lavoro Marco Lombardo, regista di tutta l’operazione, non sono soli. In Sala Rossa, dove ieri c’è stata la firma, era presente anche l’assessore al Lavoro di Milano, Cristina Tajani. È pronta a presentare un documento simile a quello pensato da Lombardo, e anche lei ha già incontrato le prime resistenze. «Dalle piattaforme più presenti a Milano — racconta — abbiamo trovato una disponibilità alterna, ma questa non è una ragione per arrenderci, potremmo allargare l’alleanza tra città in modo da essere più forti anche nei confronti delle piattaforme che oggi non sono presenti». Se altre grosse città come Torino, Roma e Firenze, decidessero di fare lo stesso, la situazione potrebbe cambiare, così come l’approccio dei grandi colossi, e Bologna pure vantare il merito di essere stata la prima. Ma che non sia finita qui, che la Carta seppur disertata non sia un buco nell’acqua, lo si capisce pure dalla convinzione dei rider. «Servono elementi disincentivanti e sanzionatori perché queste piattaforme non operino più a Bologna», propone Tommaso Falchi di Riders Union, il sindacato dei ciclofattorini. «Questa carta è la soglia minima di decenza, chiediamo di non finanziare più quelle imprese
Grandi assenti Piattaforme come Justeat, Deliveroo, Glovo e Foodora hanno ignorato l’accordo
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che per i loro profitti sono disposte a calpestare i diritti dei lavoratori». E se pure Cgil, Cisl e Uil, spesso timidi verso le battaglie dei precari, hanno esortato al boicottaggio, forse vuol dire che qualcosa si sta davvero muovendo. Anche perché fuori dall’Italia questa battaglia è già cominciata e ha prodotto i primi risultati.
«Altre piattaforme come Foodora non si permettono di fare le stesse cose col proprio personale in altri Paesi. Questo significa che c’è un problema di legislazione. Bologna si è svegliata, ora lo facciano anche altri», rilancia il segretario bolognese della Cgil Maurizio Lunghi. In più, c’è da dire che la Carta nasce da un dialogo tra Palazzo d’Accursio e i rider, ma è stata scritta e pensata per poter essere applicata a tutti i nuovi lavori. L’assessore Lombardo, insomma, pensa in grande ed è ottimista: «Bisogna allargare l’accordo ad altri settori del lavoro digitale».