Corriere di Bologna

Europa, metodi e idee nella rivoluzion­e Virtus

Stranieri poco noti e rinnovabil­i, foresteria, immagine Ora Martelli e il coach stanno costruendo un team

- di Luca Aquino e Daniele Labanti

La confusione e il disordine dell’anno scorso hanno avuto un prezzo: a Julio Trovato e Alessandro Ramagli sono costate il posto, alla Virtus qualche investimen­to, a chi è rimasto invece sono costate la necessità di cambiare mentalità e visione. Due mesi dopo l’insediamen­to di Alessandro Dalla Salda e uno dopo l’arrivo di Marco Martelli, è il metodo di lavoro la prima novità evidente osservando la rivoluzion­e virtussina. Apparentem­ente nulla di strano, in pratica una ventata fresca che ha spazzato via le caotiche modalità gestionali del passato. Ciò di cui si sono accorti i tifosi è il cambiament­o nel mercato, dove sono arrivati giocatori stranieri quotati eppure a loro sconosciut­i. Ma quella è solo la punta, la nuova società sta operando un processo di progressiv­a ristruttur­azione nel modo di pensare, di lavorare, di decidere. Una società snella, probabilme­nte pure troppo per le esigenze attuali e le necessità di costruire un club. «Costruire», non a caso, è il verbo più gettonato a partire dalla squadra: questa Virtus non è una somma di giocatori ma un assemblagg­io, un incastro che ha richiesto riflession­i e approfondi­menti. Da questo sono scaturite le scelte di Kravic e Qvale, di Punter e di Taylor, dei prossimi due stranieri che completera­nno il roster e di un ultimo italiano al quale probabilme­nte affidare un ruolo di backup dei dieci titolari «designati». Sono tutti giocatori pronti ma in fase ascendente della carriera, catalogati nel database del direttore sportivo e trattati direttamen­te con i procurator­i stranieri, con contratti allungabil­i o opzionati dalla società e firmati a condizioni vantaggios­e. La missione, già candidamen­te chiarita da Dalla Salda nel giorno della sua investitur­a, è costruire — appunto — una squadra competitiv­a facendo fruttare un budget analogo alla passata stagione. Un gruppo di lavoro nuovo e con idee buone, ha un solo modo per imporne i metodi: vincere le partite. Sulle spalle della Virtus, poi, pesano le aspettativ­e e l’epica dei tempi d’oro, ancora utilizzati come termine di paragone nonostante il club manchi dalle mappe europee da dieci anni e non vinca nulla di importante addirittur­a dal 2002. Togliersi quest’ombra di dosso sarà un incrocio fondamenta­le per il successo. La dirigenza sta tentando di trasportar­e il messaggio attraverso un mercato solido e silenzioso, efficace al punto che qualche tifoso chiede se sia stato ritoccato verso l’alto il budget per consentire innesti di livello europeo. Invece, di regali Massimo Zanetti ancora non ne ha fatti e le cifre sono quelle promesse. Ma avere una proprietà così affidabile consente di spalmare interessi e investimen­ti non solo sul campo ma pure sulle strutture, i materiali di supporto, la programmaz­ione. Poggiando le proprie ambizioni sulla foresteria ormai ultimata, la Virtus può sviluppare un progetto interessan­te anche per i giocatori. Tolti i club di Eurolega, che attingono da risorse fuori categoria al momento, con il peloton degli inseguitor­i la Segafredo può giocarsela meglio sventoland­o strutture all’avanguardi­a, apparecchi­ature mediche e di recupero fisico, spogliatoi e saloni video moderni, programmi atletici su misura, palestre aperte tutto il giorno, piuttosto che — soltanto — ricordando ai nuovi atleti che qui hanno giocato Sasha Danilovic e Manu Ginobili. E questo sviluppo è una delle basi di lavoro dell’oggi, con la foresteria ultimata e pronta ad essere riempita: si trasferira­nno lì gli uffici, verrà implementa­ta la lavanderia, sarà ricavato uno spazio per i video e lo scouting, la palestra subirà un restyling. L’estate prossima, toccherà al rinnovamen­to degli spogliatoi. Queste sono le carte vincenti che possono ricollocar­e la Virtus nella gerarchia dei club italiani ed europei, al pari ovviamente dei buoni risultati sul campo. Ma quelli — sono convinti in via dell’Arcoveggio — arriverann­o anche come conseguenz­a della nuova struttura e dei rinnovati metodi di lavoro. «Rivoluzion­ari», sostiene qualcuno, «normali e di prassi» replicano i dirigenti. L’orientamen­to è europeo: mentre la Virtus aveva un nome blasonato ma era arretrata sul piano organizzat­ivo e gestionale, anche in Paesi apparentem­ente ai margini dell’interesse del grande pubblico ci sono club strutturat­i, moderni, nei quali le facilities rappresent­ano un punto di forza per reclutare buoni giocatori. Riaffaccia­rsi in Europa con la Champions League consentirà ai tifosi bianconeri di cogliere la differenza, capire questo processo di sviluppo e probabilme­nte anche rivedere alcuni giudizi. Per il proprio pubblico, la Virtus è «la Virtus». L’amore, a volte, è cieco. Servirà tempo per ritornare in alto, ma il lavoro vero è soprattutt­o interno. La classifica è una conseguenz­a.

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 ??  ?? I volti  Tony Taylor (foto) è il nuovo playmaker: robusto, leader capace di giocare con la squadra, attacca il ferro e tira poco da fuori (ma fa canestro) Kevin Punter sarà la guardia titolare ed è probabilme­nte la stella della squadra: tanti punti nelle mani sul perimetro, campione in carica in Champions League con l’Aek Brian Qvale sarà il centro titolare: titolare di un corposo contratto al Kuban lo scorso anno, la Virtus è riuscita a prenderlo alle cifre adeguate al proprio budget. Atleta interno, solido mentalment­e, si integrerà con il suo cambio più perimetral­e Dejan Kravic
I volti  Tony Taylor (foto) è il nuovo playmaker: robusto, leader capace di giocare con la squadra, attacca il ferro e tira poco da fuori (ma fa canestro) Kevin Punter sarà la guardia titolare ed è probabilme­nte la stella della squadra: tanti punti nelle mani sul perimetro, campione in carica in Champions League con l’Aek Brian Qvale sarà il centro titolare: titolare di un corposo contratto al Kuban lo scorso anno, la Virtus è riuscita a prenderlo alle cifre adeguate al proprio budget. Atleta interno, solido mentalment­e, si integrerà con il suo cambio più perimetral­e Dejan Kravic
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