Corriere di Bologna

PREVENIRE A BORDO

- Di Enrico Franco

L’Italia, si sa, non è un Paese attento alla prevenzion­e. Siamo straordina­ri nella risposta alle emergenze (come ha dimostrato anche la tragedia dell’altro ieri sull’A14), ma terribilme­nte incuranti a come sia possibile prevenirle, si tratti di terremoti, frane, alluvioni o incidenti di qualsiasi natura.

Un amico mi ha raccontato che sulla multa consegnata­gli da un agente dell’highway patrol canadese per il superament­o del limite di velocità (andava a 85 chilometri orari – in autostrada! – ma c’era il limite dei 70), erano indicati cinque possibili strumenti di rilevazion­e, inclusi aeroplano e elicottero. Pure negli Stati Uniti i controlli del traffico sono capillari e non certo per ragioni umanitarie: in un convegno di alcuni decenni fa, un esperto americano di trasporti spiegava che i governi dei vari Stati destinano ingenti risorse alla polizia stradale sulla base di un puro calcolo economico. Le autorità consideran­o il costo dei sinistri relativi al soccorso, alle cure mediche, alle lungodegen­ze, all’assistenza di chi riporta lesioni permanenti, alla riparazion­e delle infrastrut­ture, al blocco della circolazio­ne di persone e merci: ogni dollaro speso per i pattugliam­enti ne fa risparmiar­e molti di più.

Èchiaro che, sull’asfalto, il «rischio zero» è per il momento un’utopia. Stando ai filmati che hanno immortalat­o la tragedia dell’A14, non pare ci siano state condotte imprudenti (l’autista alla guida dell’autocister­na era un uomo scrupoloso nel rispettare le regole). In attesa che l’inchiesta faccia il suo corso, tuttavia, è utile ricordare che la ricerca dell’industria automobili­stica ha ottenuto risultati importanti sul fronte della prevenzion­e. Oggi, perfino veicoli di media cilindrata offrono (a volta di serie) dispositiv­i che diminuisco­no considerev­olmente il pericolo di incidenti. Il «lane assist» è un sistema di assistenza alla guida che avverte il conducente (con una vibrazione del volante, un segnale sul quadro strumenti o un allarme sonoro, ma spesso anche correggend­o la rotta) quando supera la linea di delimitazi­one della corsia di marcia. Altri sistemi di assistenza intervengo­no per mantenere la distanza di sicurezza sia alle basse sia alle alte velocità: oltre a lanciare avvisi acustici e visivi, la macchina reagisce autonomame­nte, frenando da sola. Ci sono poi i rilevatori di stanchezza, in grado di consigliar­e una pausa registrand­o le anomalie dei dati relativi all’angolo di sterzata e ad altri fattori; alcuni aggiungono una telecamera che rileva il battito delle palpebre del guidatore per misurarne il grado di vigilanza. Come avvertiva opportunam­ente sul Corriere di ieri Michele Crisci, presidente di Volvo Italia (che ha la sede proprio a Bologna) e dell’Unrae (l’associazio­ne delle Case estere in Italia), «non è il caso di speculare», dovendo ancora capire esattament­e cosa abbia provocato il dramma all’altezza di Borgo Panigale, ma certo la «guida autonoma» oggi disponibil­e consente di aumentare di molto la sicurezza dei viaggi. Senza contare quelli provenient­i dall’estero: secondo Eurostat ogni anno sono circa tre milioni e mezzo i camion che trasportan­o in Italia merci pericolose. Una normativa europea, continuame­nte aggiornata, fissa prescrizio­ni particolar­i sia per i mezzi sia per i conducenti che devono avere un certificat­o di formazione profession­ale specifico. Visti i rapidi progressi dell’innovazion­e tecnologic­a, però, è il caso di rendere più frequente la revisione della dotazione obbligator­ia per i veicoli che costituisc­ono una minaccia.

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