Decreto dignità, Tiraboschi: sarà ininfluente
Approvato il dl Dignità, Tiraboschi: «Le tutele stanno altrove»
L’allievo di Marco Biagi, Michele Tiraboschi, ritiene che il decreto dignità sia stato sopravvalutato. Uno, «perché non ridurrà mai la precarietà». Due, «perché crea falsi allarmismi». Tre, «perché continua a illudere i giovani che possa esistere ancora il posto fisso. Non siamo più nel Novecento, ora serve puntare su formazione e competenze».
Il decreto dignità è legge. Dopo il via libera della Camera, ieri è stato approvato senza alcuna modifica anche in Senato. In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, Michele Tiraboschi, allievo eccellente di Marco Biagi e suo successore alla cattedra di Diritto del lavoro dell’Università di Modena e Reggio Emilia dice la sua: «Questo decreto è stato sopravvalutato». Primo, perché non ridurrà mai la precarietà. Due, perché è al centro di falsi allarmismi, lanciati sia dalla politica, sia dalle aziende che creano solo paure nei giovani. Tre, perché prosegue nel percorso che già fu del Jobs Act: «Continuare a illudersi che possa esistere il posto fisso e credere di vivere ancora nel Novecento». Piuttosto che fissarsi sui contratti sarebbe ora di puntare sulle competenze. Professore, il decreto dignità è legge. Cosa cambierà? «Non cambierà nulla. Il decreto vuole regolare soprattutto i contratti di lavoro temporaneo e le fasi del licenziamento. Ne salvo le buone intenzioni, ma non è con le regole che si incentivano le assunzioni a tempo indeterminato e si combatte la precarietà. Le regole, soprattutto in questo Paese, sono fatte per essere aggirate. Illudersi che le tutele stiano nei contratti è una scelta arcaica. Non siamo più nel Novecento e non esiste più il posto fisso. E non solo perché le aziende non lo garantiscono, ma anche perché i lavoratori vogliono e desiderano essere mobili». Il governo parla di oltre 62mila assunzioni per i giovani... «È poco o nulla. Rispetto ai 3 milioni di disoccupati e agli altrettanti precari, sono briciole. E, tra l’altro, rappresentano numeri che già conoscevamo prima della presentazione del decreto».
Dove stanno allora le tutele?
«Le tutele stanno nel welfare, nella formazione, nell’aggiornamento professionale e nella possibilità di poter scegliere la propria carriera professionale. Accompagnare la libertà di scelta, è questa la vera e grande tutela. Attraverso la formazione, puntando sulle competenze che sono gli unici requisiti che portano le imprese a non voler rinunciare a un lavoratore che vale. E, poi, attuando politiche attive sui sistemi territoriali. Soprattutto ora che si è andati oltre l’articolo 18 e che il mercato del lavoro è diventato più fluido».
La nostra regione cosa può fare per adattarsi al decreto dignità?
«La nostra regione è già a buon punto, perché non è così legata al passato come il resto d’Italia. Siamo un territorio che attrae giovani da tutta Italia e all’avanguardia in tema di relazioni industriali e formazione. Qui un primo patto sulla cosiddetta “quarta rivoluzione industriale” descritta dal Piano di Carlo Calenda, ministro dello sviluppo economico dei governi Renzi e Gentiloni è già contenuta nelle politiche portate avanti dall’assessore alla Formazione e al Lavoro, Patrizio Bianchi. Puntare a qualificare le professionalità di chi andrà a lavorare nei settori strategici dell’economia regionale, l’Industria 4.0 e il turismo, questo è il segreto indipendentemente dall’ennesima legge sul mercato del lavoro».
” L’unico segreto per qualificare il lavoro è la formazione Per fortuna il nostro territorio è attraente e la Regione adotta politiche molto virtuose