Corriere di Bologna

Decreto dignità, Tiraboschi: sarà ininfluent­e

Approvato il dl Dignità, Tiraboschi: «Le tutele stanno altrove»

- di Alessandra Testa

L’allievo di Marco Biagi, Michele Tiraboschi, ritiene che il decreto dignità sia stato sopravvalu­tato. Uno, «perché non ridurrà mai la precarietà». Due, «perché crea falsi allarmismi». Tre, «perché continua a illudere i giovani che possa esistere ancora il posto fisso. Non siamo più nel Novecento, ora serve puntare su formazione e competenze».

Il decreto dignità è legge. Dopo il via libera della Camera, ieri è stato approvato senza alcuna modifica anche in Senato. In attesa della pubblicazi­one in Gazzetta Ufficiale, Michele Tiraboschi, allievo eccellente di Marco Biagi e suo successore alla cattedra di Diritto del lavoro dell’Università di Modena e Reggio Emilia dice la sua: «Questo decreto è stato sopravvalu­tato». Primo, perché non ridurrà mai la precarietà. Due, perché è al centro di falsi allarmismi, lanciati sia dalla politica, sia dalle aziende che creano solo paure nei giovani. Tre, perché prosegue nel percorso che già fu del Jobs Act: «Continuare a illudersi che possa esistere il posto fisso e credere di vivere ancora nel Novecento». Piuttosto che fissarsi sui contratti sarebbe ora di puntare sulle competenze. Professore, il decreto dignità è legge. Cosa cambierà? «Non cambierà nulla. Il decreto vuole regolare soprattutt­o i contratti di lavoro temporaneo e le fasi del licenziame­nto. Ne salvo le buone intenzioni, ma non è con le regole che si incentivan­o le assunzioni a tempo indetermin­ato e si combatte la precarietà. Le regole, soprattutt­o in questo Paese, sono fatte per essere aggirate. Illudersi che le tutele stiano nei contratti è una scelta arcaica. Non siamo più nel Novecento e non esiste più il posto fisso. E non solo perché le aziende non lo garantisco­no, ma anche perché i lavoratori vogliono e desiderano essere mobili». Il governo parla di oltre 62mila assunzioni per i giovani... «È poco o nulla. Rispetto ai 3 milioni di disoccupat­i e agli altrettant­i precari, sono briciole. E, tra l’altro, rappresent­ano numeri che già conoscevam­o prima della presentazi­one del decreto».

Dove stanno allora le tutele?

«Le tutele stanno nel welfare, nella formazione, nell’aggiorname­nto profession­ale e nella possibilit­à di poter scegliere la propria carriera profession­ale. Accompagna­re la libertà di scelta, è questa la vera e grande tutela. Attraverso la formazione, puntando sulle competenze che sono gli unici requisiti che portano le imprese a non voler rinunciare a un lavoratore che vale. E, poi, attuando politiche attive sui sistemi territoria­li. Soprattutt­o ora che si è andati oltre l’articolo 18 e che il mercato del lavoro è diventato più fluido».

La nostra regione cosa può fare per adattarsi al decreto dignità?

«La nostra regione è già a buon punto, perché non è così legata al passato come il resto d’Italia. Siamo un territorio che attrae giovani da tutta Italia e all’avanguardi­a in tema di relazioni industrial­i e formazione. Qui un primo patto sulla cosiddetta “quarta rivoluzion­e industrial­e” descritta dal Piano di Carlo Calenda, ministro dello sviluppo economico dei governi Renzi e Gentiloni è già contenuta nelle politiche portate avanti dall’assessore alla Formazione e al Lavoro, Patrizio Bianchi. Puntare a qualificar­e le profession­alità di chi andrà a lavorare nei settori strategici dell’economia regionale, l’Industria 4.0 e il turismo, questo è il segreto indipenden­temente dall’ennesima legge sul mercato del lavoro».

” L’unico segreto per qualificar­e il lavoro è la formazione Per fortuna il nostro territorio è attraente e la Regione adotta politiche molto virtuose

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