Qvale, dal Nord Dakota «Lavorerò per tutti»
Il giocatore americano di origini norvegesi è uno dei nuovi titolari della Segafredo. È da 8 anni in Italia
Brian Qvale, partiamo subito dal cognome particolare. Quali sono le origini?
«I miei nonni sono norvegesi e si sono trasferiti negli Stati Uniti. In Norvegia il mio cognome iniziava per KW, all’arrivo negli Usa è diventato QU e poi è ulteriormente cambiato in QV. La pronuncia, però, è rimasta quella norvegese: Cuoli»
Papà ha giocato a football, mamma a basket a livello universitario e suo fratello Brent è un giocatore della Nfl. Era inevitabile che pure lei diventasse uno sportivo?
«Nessuno mi ha mai spinto a farlo per forza. Da bambino ho giocato a baseball, football e basket, poi all’università ho scelto definitivamente la palla a spicchi. Il mio corpo è più adatto al basket, mio padre e mio fratello sono più forti e per loro è stato football».
Si narra di sfide senza esclusione di colpi con suo fratello nel vialetto di casa.
«È vero, abbiamo disputato tantissime partitelle in ogni sport. Siamo entrambi molto competitivi, ci siamo divertiti tanto e qualche volta questi confronti sono diventati anche fisici».
Lei sarà il centro titolare della nuova Virtus. Che impressione le ha fatto?
«Mi sento di poter dire che abbiamo già una bella chimica. È molto presto, ma finora tutto sta andando alla grande. Abbiamo fatto una settimana in montagna, il mio ambiente naturale, ci stiamo muovendo nella giusta direzione, abbiamo tanto potenziale».
Chi è Brian Qvale?
«Sono un ragazzo nato in una piccola città di 15mila anime del North Dakota, Williston, che ora ha triplicato la sua popolazione per l’esplosione dell’industria petrolifera.
” Mi piace essere fisico, il più duro lavoratore sul campo e fornire una presenza all’interno dell’area sia in difesa che in attacco. Ho già potuto conoscere il passato della squadra e i suoi successi
È anche la città di Phil Jackson. Mi piace essere fisico, il più duro lavoratore sul campo e fornire una presenza all’interno dell’area sia in difesa che in attacco».
Ha studiato la Virtus prima di arrivare a Bologna?
«Marco (Martelli, il ds) mi ha mandato un libretto molto interessante, una cosa che nessuno aveva mai fatto nelle mie precedenti squadre (Una presentazione di squadra, storia, tradizione, calendario, città e regolamento interno di 45 pagine mandata a tutti i giocatori, ndr.). Ho quindi conosciuto il suo passato e i suoi successi, mi ha consentito di andare più in profondità per capire club e tifosi».
Per lei l’Europa non è un mistero. È qui da 8 anni.
«Dell’Italia voglio conoscere tutto: cibo, cultura, città. La moglie di mio fratello è nata qui perché suo padre era militare in una base americana. Quest’estate sono venuti in vacanza in Italia e il giorno dopo il loro ritorno ho firmato per la Virtus. Presto arriveranno mia moglie e i miei due figli, nati entrambi in Germania che andranno a scuola qui per imparare l’italiano».
Al di fuori del basket quali interessi ha?
«Le auto classiche americane. Con mio padre abbiamo restaurato il pick up Chevrolet C10 del 1972. È l’auto di famiglia. La mia preferita è invece la Chevrolet Chevelle, un giorno sarà mia. Mi piace poi passeggiare con la famiglia, in montagna e lungo i laghi, e sono un grande appassionato di elettronica».