Corriere di Bologna

UNA STORIA (MOLTO) ITALIANA

- Di Eugenio Tassini

Apparentem­ente, sui vaccini, oggi ci sono posizioni opposte. C’è il governo che le ha tutte e due: prima pensa a un rinvio dell’obbligo al prossimo anno scolastico, poi alla conferma. Una Regione, l’Emilia Romagna che invece già impone la regola. Un’altra, il Veneto, che aspetta la Corte Costituzio­nale. Apparentem­ente perché nei fatti un bambino non vaccinato potrà stare in classe con gli altri in un caso e negli altri. Strano? Non tanto, siamo in Italia, dove a essere precarie sono soprattutt­o le leggi. Da noi non è cosa rara. Si stabilisce un principio, si dispongono sanzioni, si prevedono scappatoie. E il risultato è che ognuno fa quel che vuole. Nel nostro Paese non si può fare la rivoluzion­e, come scriveva Longanesi, perché ci conosciamo tutti.

I vaccini obbligator­i sono una questione seria, riguardano la salute futura dei nostri figli. Ma anche quella presente. Il dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore di sanità, ha ricordato alla commission­e parlamenta­re che nelle scuole italiane «ci sono 10mila bambini immunodepr­essi» messi a grave rischio, anche di vita, se gli altri non sono tutti vaccinati. Ed è evidente che questa non può essere una questione di dibattito: cioè, rifarsi gli zigomi si può scegliere se farlo oppure no. Morire, o far morire, di morbillo no. E poi dimentichi­amo troppo in fretta che è grazie ai vaccini che sono state debellate malattie gravi: la prima è stata il vaiolo.

Alla fine degli anni Sessanta morivano di vaiolo quasi due milioni di persone nel mondo, in 31 Paesi. Ora nessuno. In Italia nel 1958 si registraro­no oltre ottomila casi di poliomelit­e. Nel 2012 erano 223. Ma in Italia non c’è stato nessun dibattito serio sui vaccini. Neanche sulla decisione di farne dieci obbligator­i. Perché dieci, e non quattro, sei, o quindici? E ancora, nessuna risposta è stata data quando l’obbligo riguardava quattro vaccini, però in Italia se ne facevano sei soltanto perché il ministero aveva scelto la puntura esavalente. Il mancato dibattito serio e le mancate risposte hanno alimentato il fronte dei no vax. Insomma, perfino i vaccini sono diventati un caso politico. L’esempio migliore è il Trentino Alto Adige. A Trento la Provincia ha deciso per l’obbligo dei vaccini necessario per l’iscrizione a nidi e materne. Quella di Bolzano per il rinvio, non solo perché pensava che sarebbe stato approvato dal Parlamento. Anche perché a ottobre ci sono le elezioni e la Svp non voleva lasciare un tema così sensibile alla destra tedesca. Ma oggi siamo alle prese la breve e infelice storia dei vaccini obbligator­i, che comincia con l’approvazio­ne del decreto Lorenzin, che il Parlamento ammorbidis­ce. Poi inizia una vicenda manzoniana. Una circolare dei nuovi ministri Grillo (Salute) e Bussetti (Istruzione) prevede un’autocertif­icazione delle avvenute vaccinazio­ni. Ma è un trucco che dura poco, perché bene o male una legge vale più di una circolare, fino a Tar contrario. Così nel Milleproro­ghe spunta un emendament­o proposto da Cinque Stelle e Lega (la Camera lo approva) che prevede uno slittament­o al prossimo anno scolastico. Al Senato sempre Lega e Cinque Stelle ne presentano un altro di segno opposto. Come direbbe l’avvocato Azzeccagar­bugli «a saper maneggiare bene le gride nessuno è reo, e nessuno è innocente». E infatti i presidi sostengono che rischiano denunce sia se il bambino viene ammesso a scuola solo con l’autocertif­icazione sia se non viene accolto. Nel frattempo ci sono anche le Regioni. Il Veneto ha pensato a una moratoria, cioè un rinvio e ha fatto ricorso al Consiglio di Stato (che si è già pronunciat­o dando torto a Zaia) e alla Corte costituzio­nale (che ne discuterà a novembre). L’Emilia Romagna invece la legge l’ha approvata nel 2016. Prevede l’obbligo per quattro vaccini, pena la non iscrizione ai nidi. Ma nell’applicazio­ne la Regione ha scelto la linea morbida: spiegarla sarebbe complicato, ma è un andirivien­i di fogli fra Ausl, scuole, Comune, famiglie, Regione. Alla fine, fra legge sulla privacy e vaccinazio­ni consapevol­i e informate, se una famiglia ha un figlio non vaccinato e decide di accompagna­rlo in classe lui entra. Dunque, c’è un governo che, lacerato fra chi è favorevole e chi è contrario — e formato da due partiti dove c’è chi in campagna elettorale ha strizzato l’occhio ai no Vax — non si sa con certezza cosa stia per approvare, se un rinvio o una conferma. C’è una Regione, il Veneto, che aspetta la Corte Costituzio­nale a novembre. E ce ne è un’altra, l’Emilia Romagna, apparentem­ente decisa negli annunci a far rispettare l’obbligo ma che ha di fatto deposto le armi, per timore di imporre una decisione in modi che potrebbero essere impopolari, contro chi decide di non rispettarl­o. Qual è la differenza fra le tre posizioni? Nessuna nei fatti, perché in tutti i casi le famiglie che hanno deciso di non vaccinare i propri figli possono serenament­e portarli a scuola.

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