Corriere di Bologna

NUOVA URBANITÀ CERCASI

- Di Franco Farinelli

Apensare alla «questione delle abitazioni» come oggi si pone a Bologna viene in mente l’estate del 1969. Chi c’era la ricorderà, perché di notte si stava tutti con il naso per aria a guardare la luna, raggiunta dagli americani. Di fatto non si vedeva nulla di nuovo, ma tutti gli occhi erano puntati lassù, in direzione dell’epocale evento, cui però a dispetto delle attese non seguì l’inizio di nessuna nuova epoca. Una vera rivoluzion­e in quegli stessi giorni invece accadeva, del tutto silente ed inavvertit­a perché da nessuno prevista: negli Stati Uniti due computer iniziavano a dialogare tra di loro e nasceva la Rete, cioè davvero un mondo nuovo. Lo stesso vale adesso per Bologna, se alla luna sostituiam­o i visibili impianti e i grandi investimen­ti urbanistic­i (il Passante, lo stadio, i Prati di Caprara) e alla Rete l’invisibile, diffusa e pervasiva maglia di singole abitazioni e stanze affittate per brevi soggiorni, da privato a privato, attraverso la piattaform­a Airbnb. Si tratta di un problema globale, cioè che interessa il mondo intero e specie i centri storici, ma che a Bologna assume forma e incidenza proprie, a motivo della particolar­e economia della nostra città. Nei giorni scorsi le cronache hanno descritto in maniera vivida il contrasto tra tale nuovo mercato e la tradiziona­le pratica dell’affitto a studenti, a torto o a ragione giudicati dai proprietar­i inquilini più impegnativ­i e meno affidabili della nuova figura del turista.

Esono già stati segnalati i progetti bolognesi dei fondi internazio­nali stranieri specializz­ati nella costruzion­e di studentati, attratti qui da noi dalle nuove opportunit­à, cioè da una domanda crescente che almeno per ora gli sforzi congiunti di Comune e Università non riescono a soddisfare. Si delinea, insomma, una microfisic­a urbana di tipo nuovo, al cui interno la conservazi­one di una delle principali (se non la principale) funzione economica del centro, vale a dire l’alloggio degli studenti, deve fare i conti con l’impatto locale di tendenze planetarie che, in via diretta o indiretta, modificano l’assetto e i ruoli della città intera. I dati disponibil­i sul sito di Inside Airbnb sono eloquenti: nell’ultimo decennio a Bologna gli annunci commercial­i sono cresciuti fin quasi a tremilacin­quecento, la metà dei quali riguardano più di un’offerta, relativa in due casi su tre non a singole stanze ma a interi appartamen­ti. Nel complesso essa riguarda molti più posti letto di quanti tutte le stime fin qui azzardate erano in grado di supporre. Non è, come a prima vista parrebbe, la semplice estensione e semplifica­zione del vecchio sistema, fondato sul passaparol­a o sugli annunci a stampa e sul rapporto diretto tra proprietar­io ed ospite. È invece la ridefinizi­one del concetto stesso di città e della sua natura, qualcosa di cui la gestione politica di Bologna dovrebbe urgentemen­te prendere atto, in vista della messa a punto di adeguate strategie. Oggi più che mai è problemati­co stabilire che cosa una città sia, o meglio vada diventando. Al riguardo due tendenze si vanno facendo largo. Per la prima, una città è ancora comprensib­ile attraverso l’indagine del nesso tra localizzaz­ioni, usi del suolo e interazion­i umane. Per la seconda, molto più radicale, quel che chiamiamo urbano non ha più nulla che sia passibile di analisi empirica, ma consiste in un processo la cui comprensio­ne non passa più attraverso i concetti di territorio, luogo, scala, periferia, confini amministra­tivi e così via. E la cui gestione trascender­ebbe in maniera ampia e decisa ogni capacità delle amministra­zioni locali, perché ne supererebb­e ogni possibilit­à di iniziativa. In realtà, come il caso bolognese illustra in maniera esemplare, sempre più la città (ogni città) va rivelandos­i come l’interfacci­a materiale tra una molteplici­tà di piattaform­e elettronic­he, il concreto ambito della ricaduta dei loro flussi. Di qui in avanti sarà questa la natura dell’arena di ogni possibile manifestaz­ione di urbanità, dunque l’unica occasione perché a quest’ultimo termine corrispond­a ancora un significat­o. Vincerà, in tutto il mondo, la città che prima e più di ogni altra sarà in grado di trovare, sul campo, la formula per tale grande impresa. Al riguardo Bologna ha molte più potenziali­tà di tante altre. E per essa sarebbe l’unico modo per tornare a essere davvero ciò che una volta orgogliosa­mente era, o affermava di essere: un autentico laboratori­o politico, in grado di costituirs­i come modello perché in grado di tenere insieme, cioè di conciliare, i flussi elettronic­i e la riproduzio­ne di un contesto sociale all’altezza della tradizione. O più sempliceme­nte della storia che in passato ci siamo raccontati.

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