Corriere di Bologna

Nozze a Villa Mussolini, caso politico

Polemica sull’intitolazi­one: «Il Duce era un traditore, cambiare il nome»

- Enea Conti

È uno dei fiori all’occhiello dell’architettu­ra riccionese e, forse proprio per questo, il luogo prescelto per ospitare i più importanti eventi culturali nel comune rivierasco.

Parliamo di Villa Mussolini, edificio in stile liberty che sorge a pochi passi dalla spiaggia e non molto lontano da viale Ceccarini. Dal 2015 alla Villa ci si può anche sposare con rito civile e l’iniziativa, promossa dall’attuale amministra­zione di centrodest­ra, pare aver riscosso un discreto successo. Ma anche diverse polemiche di stampo politico. Per alcune donne di area pd sarebbe opportuno cambiare il nome della villa perché da una parte «Mussolini non ha mai rispettato la civiltà delle regole del matrimonio e la dignità della sua sposa nella fedeltà coniugale»; dall’altra perché «a cento metri dall’edificio sorge casa Matatia, di una famiglia ebrea la cui deportazio­ne fu firmata proprio da Mussolini». Così, «se in Germania i cittadini hanno scelto di cancellare ogni possibile riferiment­o alla cultura nazista — dicono ancora le donne — perché non torniamo a chiamare Villa Mussolini con l’originario Villa Margherita?».

Con questo nome era noto l’edificio quando fu acquistato da Rachele Mussolini nel 1934. «È una polemica patetica, nata in seno a un partito che ha fatto il suo corso e prova in questo modo a testimonia­re la sua esistenza», ha commentato la sindaca Renata Tosi. Ma le dichiarazi­oni delle donne di area Pd hanno suscitato alcune perplessit­à anche a sinistra. «Ben vengano i matrimoni a Villa Mussolini», si smarca Daniele Imola, ex sindaco dem di Riccione. Nel 2007 inaugurò la villa dopo il suo restauro. «E ci ho pure portato a braccetto Romano Mussolini», racconta. «La storia va tutelata — continua — e da sindaco ho fatto in modo che la villa non venisse abbattuta. Ma se giudico sterile la polemica sui matrimoni dico anche che bisogna fare in modo che quella villa non diventi meta di pellegrina­ggio dei neofascist­i. Visti i tempi, non si sa mai, meglio avvertire». Per Sabrina Vescovi, capogruppo del Pd in consiglio comunale, «non si tratta di una polemica di partito, non sono le donne del Pd ad aver chiesto il cambio di nome della Villa, ma un gruppo trasversal­e appartenen­te a tutta la sinistra».

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