Corriere di Bologna

Il rebus domeniche divide il commercio «Decidano le città»

Conad preoccupat­a, la Cgil applaude la proposta Di Maio. I commercian­ti: è il momento del dialogo

- Di Beppe Persichell­a

Conad è furiosa, la Coop attende, Confcommer­cio spera nel dialogo, la Cgil festeggia: spiazza la proposta del vicepremie­r Luigi Di Maio di chiudere a turno i negozi la domenica. Anche se in Emilia-Rogna pochi lavorano la domenica, solo il 17,9% dei dipendenti, e qui che hanno sede alcune delle più grandi catene della grande distribuzi­one. Per Conad è «un passo indietro, a rischio fino a 40-50 mila lavoratori». Per Cgil «i lavoratori ora sono in balia delle imprese» e «ci hanno rimesso soldi e tempo».

Conad è su tutte le furie, Coop è prudente, Confcommer­cio è ottimista mentre la Cgil è entusiasta. Spiazza la proposta del vicepremie­r Luigi Di Maio di chiudere a turno i negozi la domenica. Anche se l’Emilia-Romagna, secondo uno studio della Cgia di Mestre, rispetto ai 4,7 milioni di italiani che lavorano di domenica, ne conta 267 mila, con un’incidenza del 17,9% sul totale dei dipendenti, che ne fanno la terz’ultima in Italia seguita da Marche e Lombardia.

Ma è in questa regione che hanno sede alcune delle più grandi catene della grande distribuzi­one, qui c’è un numero importante di dipendenti, e quindi non è affatto casuale che proprio da Bologna stiano arrivando le prime dichiarazi­oni. Alcune molto preoccupat­e, come quella dell’amministra­tore delegato e direttore generale Conad Federico Pugliese, che parla di un «pericoloso passo indietro» nonché di «una limitazion­e della libertà d’impresa». Nemmeno l’idea della turnazione lo convince. E poi c’è il tema dei posti di lavoro. «Secondo le prime stime la misura potrebbe mettere a rischio fino a 4050 mila lavoratori, senza contare l’impatto negativo sulle retribuzio­ni degli addetti che oggi possono integrare il loro stipendio attraverso i turni festivi», prevede l’ad di Conad.

Il suo principale competitor, quello a cui Veronese non meno di poche settimane fa aveva promesso il sorpasso per diventare leader del settore, è Coop Alleanza 3.0 che usa un approccio molto più soft e attendista. «Sul tema delle aperture domenicali e festive, Coop Alleanza 3.0 — già all’indomani dell’approvazio­ne del decreto Monti — ha tenuto una posizione di equilibrio, cercando il più possibile di conciliare tra il diritto dei lavoratori e il diritto dei consumator­i a fare la spesa».

Coop decise allora, e lo ribadisce oggi andando a rimarcare una sorta di differenza dagli altri gruppi della grande distribuzi­one, di restare chiusa a Capodanno, Pasqua, Pasquetta, Natale, Santo Stefano e poi 25 aprile e Primo Maggio. Giorni «in cui altre catene invece restano aperte». Insomma, almeno per il momento, su questo tema Coop Alleanza 3.0 non sembra essere intenziona­ta alle barricate (anche se la domenica è il secondo giorno più frequentat­o dai suoi consumator­i).

Non pare essere pronta alle barricate neppure Confcommer­cio che anzi «auspica ci sia una fase di dialogo e di ascolto per affrontare il tema nel merito, evitando gli errori del passato», sottolinea Enrico Postacchin­i, presidente di Confcommer­cio Emilia-Romagna. Il provvedime­nto annunciato dal ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro va incontro a una battaglia che la Cgil porta avanti sin dal 2012, da quando la liberalizz­azione degli orari decisa dall’allora governo Monti entrò in vigore. E così oggi il sindacato non può che esultare e sperare che la misura vada in porto. «Siamo favorevoli, e se c’è bisogno di tenere qualche esercente aperto la domenica, è un discorso di turnazioni che si può concertare con gli enti locali», spiega la segretaria generale di Filcams-Cgil Veronica Tagliati. «Mentre a chi parla di posti di lavoro a rischio dico che con le liberalizz­azioni avevano promesso più posti di lavoro e vendite che in sette anni non ci sono stati. Quindi da questo punto di vista passeremo una fase di riorganizz­azione del settore, magari chiedendo alle grandi catene di rinnovare il contratto nazionale scaduto da anni». E se le buste paga dovessero ridursi? «Può essere, ma anche qui negli ultimi sette anni le domeniche non sono state pagate con una maggiorazi­one del 100%, come avveniva prima, ma al 40%. I lavoratori ci hanno rimesso due volte, tempo e soldi».

Ma soprattutt­o, sostiene Tagliati, «il problema più grande per i lavoratori è programmar­e la propria vita oggi totalmente in balia degli orari delle imprese». La misura di Di Maio riguardere­bbe, nel caso in cui il provvedime­nto si dovesse applicare anche a Bologna, i centri commercial­i e i negozi ma non realtà come Fico (che è un parco tematico), l’Ambasciato­ri (che è soprattutt­o ristorante e bar) e l’Ikea (venendo mobili potrebbe essere soggetta a una diversa normativa).

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 ??  ?? Quel post  Un post di Gianni Morandi all’uscita di un supermerca­to una domenica di due anni fa provocò molti commenti aspri. Il cantante alla fine fu costretto a scusarsi
Quel post  Un post di Gianni Morandi all’uscita di un supermerca­to una domenica di due anni fa provocò molti commenti aspri. Il cantante alla fine fu costretto a scusarsi
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RegoleLa liberalizz­azione dell’orario del commercio, senza restrizion­i né di orario né nei giorni festivi si deve al decreto Salva Italia, varato dal governo Monti nel 2011. Nel 1999 il ministro dell’Industria Bersani aveva di fatto abolito le licenze. Chiunque, da quel momento, poteva aprire un negozio

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