Corriere di Bologna

Emilia-Romagna «ultima» nella gara dell’autonomia

- SEGUE DALLA PRIMA Marco Bonet

Enon a caso si discute sull’opportunit­à di virare verso una legge delega snella, rinviando i contenuti a decreti legislativ­i successivi. Ma, complesso lo è soprattutt­o sul piano politico perché quando si dà a qualcuno, giocoforza si toglie a qualcun altro e questo anche se si procede a colpi di costi standard. E dunque può la Lega tornare al regionalis­mo spinto delle origini, venendo meno al nuovo ordine del suo «Capitano», per cui «o l’Italia si salva tutta o non ce n’è per nessuno»? Non solo il sovranismo, anche l’antieurope­ismo rema contro l’autonomia, perché il federalism­o immaginato dal primissimo Carroccio, quello che aveva nei Quaderni della Fondazione Agnelli i suoi fondamenti teorici, immaginava (macro) Regioni forti all’interno di un’Europa fortissima, federale. Qui non si vuole l’Europa e forse non si vogliono manco più le Regioni, perché ciò che conta sono i confini dalle Alpi e Lampedusa. E poi c’è il Movimento Cinque Stelle, l’altro azionista di maggioranz­a di questo governo: il partito del Sud, come l’hanno ribattezza­to molti analisi, che non a caso ha re-istituito e subito occupato il ministero del Sud e che al Sud combatte le sue battaglie più importanti, dal reddito di cittadinan­za all’Ilva. Luigi Di Maio darà retta a Salvini o ai 2.700 intellettu­ali, giornalist­i ed economisti guidati da Gianfranco Viesti dell’università di Bari che hanno firmato l’appello contro la «secessione dei ricchi»? Non bastasse, aggiungiam­o altri due aspetti, non meno importanti: le arcinote resistenze delle burocrazie al cambiament­o, nella consapevol­ezza che autonomia significa meno potere per questo o quel dipartimen­to ministeria­le; e la spinta alla neocentral­izzazione arrivata dalla crisi, oltre che dalle mutande verdi e dai Batman di alcuni consigli regionali, così che più di qualcuno, a Roma, s’è convinto che forse è meglio pensare a tutto lì se si vogliono tenere le briglie ai conti. Il ministro degli Affari regionali Erika Stefani, che è leghista, veneta, ed è stata tra i promotori del referendum del 22 ottobre 2017, promette che per l’anniversar­io del voto, tra poco più di un mese, il Veneto chiuderà la sua intesa con lo Stato. Quindi toccherà alla Lombardia («il lavoro è a buon punto sui tavoli tecnici», ha assicurato il governator­e lombardo Fontana) e all’EmiliaRoma­gna («ci sono le condizioni per accelerare — ha detto il governator­e Stefano Bonaccini — l’auspicio è che si possa chiudere entro l’anno») che però avanzano con maggior cautela, chiedendo intanto 15 materie e poi si vedrà, con qualche dubbio, nel caso dell’Emilia-Romagna, pure sullo strumento legislativ­o da utilizzare. Va detto, d’altronde, che qui l’autonomia scalda i cuori meno che in Veneto: più che per ragioni storicoide­ntitarie d’impronta libertaria e ispirazion­e Serenissim­a, l’EmiliaRoma­gna sembra essersi fatta avanti per non arretrare rispetto alle Regioni vicine sul terreno dello sviluppo industrial­e ed economico che può derivare dalla gestione in presa diretta di alcune competenze specifiche. Una mossa, quella di Bonaccini, giocata anche con l’intento di fare rientrare in pista da protagonis­ta il Pd, fino a quel punto autoreclus­o ai margini della scena, con buona pace di una storia che va dall’indipenden­tismo di sinistra alla Euskadi Ta Askatasuna e arriva alla riforma del Titolo V. E ora, trovata un’insperata via d’uscita, sono proprio i Democratic­i a incalzare la Lega, accusata di improvvisa, eccessiva timidezza.

In questa complessa trattativa, di cui è difficile immaginare il punto di caduta, si sono adesso insinuate pure le Province di Trento e Bolzano, decise a cavalcare l’onda per avere ancora più autonomia, anche se forse a questo punto sarebbe meglio parlare di una semiindipe­ndenza: il presidente altoatesin­o Arno Kompatsche­r, nella veste di presidente della Regione, in occasione dell’anniversar­io dell’accordo De GasperiGru­ber di una settimana fa ha annunciato di voler chiedere allo Stato pure le materie ambientali, tra le pochissime che mancano nel carnet delle Province speciali. Stefani gliele concederà? E che farà il governo con i quattro progetti di legge costituzio­nale già depositati dalla Svp, che nel chiedere «l’autonomia integrale» arrivano a fare delle norme provincial­i una fonte sovraordin­ata a quella statale? Così, almeno in Trentino, si cancella il concetto stesso di «interesse nazionale» che è il fulcro del pensiero neosovrani­sta. Salvini è stato avvisato?

Bonaccini

«Ci sono le condizioni per accelerare, l’auspicio è che si riesca entro l’anno»

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