«Nelle crepe della città»
Viaggio in zona universitaria ascoltando in cuffia voci e racconti. È «Lapsus urbano» dei Kepler-452 che parte oggi. Il regista: «Al centro le dissonanze di piazza Verdi»
«Invitiamo a viaggiare nella città in cerca delle piccole crepe, delle contraddizioni che emergono come per errore dal tessuto urbano e dalla sua storia». Così il giovanissimo regista, Enrico Baraldi, classe 1993, ci spiega Lapsus Urbano // Dissenso Unico, il nuovo spettacolo di Kepler-452, compagnia ormai famosa in città (e non solo) per spettacoli che mescolano attori (tra gli altri Lodo Guenzi dello Stato Sociale) e persone che vivono nelle situazioni di disagio. Con Nicola Borghesi ha firmato uno dei successi della scorsa stagione dell’Arena del Sole, Il giardino dei ciliegi. Trent’anni di felicità in comodato d’uso. Lui in scena non ci va: sta dietro le quinte.
Nello spettacolo che si vedrà da oggi alle 18, con partenza dal giardino del Guasto (date: 11,12-13, 17, 18, 21, 25 e 26 settembre e 3 ottobre, prenotazioni lapsusurbano@gmail.com), propriamente non ci sono neppure attori. La chiama «performance audioguidata», o «viaggio sonoro nel tessuto urbano con immagini fornite dai luoghi e dagli abitanti». Cos’è ce lo spiega meglio lui.
Quest’anno lo spettacolo itinerante si svolgerà nella zona universitaria. L’anno scorso avete attraversato la Bolognina…
«Sì, e là non abbiamo incontrato un piccolo lapsus ma una grande dimenticanza, un Moloch, la “Trilogia Navile”, quei tre palazzoni dietro il Comune costruiti nel 2013 e mai terminati, che rimangono co- me un cantiere interrotto. È stato divertente il passaggio davanti all’ex sede dell’Anpi in cui Occhetto pronunciò il discorso della svolta che metteva fine al Pci: oggi è un parrucchiere cinese. Abbiamo portato gli spettatori davanti al negozio e abbiamo chiesto loro di immaginare il discorso di Occhetto».
Come funziona l’azione?
«I partecipanti ricevono un paio di cuffie wireless e con quelle possono ascoltare un racconto solo audio, con la voce di Nicola Borghesi, la drammaturgia di noi due e di Riccardo Tabilio, il disegno audio di Alberto Bebo Guidetti dello Stato Sociale. Il viaggio è un percorso a piedi di circa un’ora e mezza per 30 persone, guidato solo da quella voce».
Come si fa a sapere dove andare?
«Tutte le indicazioni le fornisce l’audio. Cerchiamo di dare a chi partecipa l’idea di essere in balia di sé stesso; manteniamo il gusto dell’imprevedibilità e della possibilità di varianti infinite. In questo modo si produce un secondo spettacolo involontario, per quelli che incontrano il gruppo e magari provano a chiedere cosa stiano facendo».
Come fate a sapere cosa succede, se non siete presenti?
«Ci sta chiedendo di svelare cosa c’è nella scatola del mago… Abbiamo alcuni sistemi per dare il via alle diverse tappe e per sincronizzare le azioni».
Cosa farete vedere della zo- na universitaria?
«È una parte di città nota: non è facile sorprendere. Abbiamo individuato spazi inediti e finiremo perfino in una casa privata. Tutto ruoterà intorno a piazza Verdi».
In che senso?
«L’abbiamo scelta come luogo emblematico di un dibattito tra voci contrastanti, come problema. Abbiamo cercato di incontrare punti di vista differenti e alcuni li abbiamo riportati nell’audio: abbiamo intervistato studenti, commercianti, venditori abusivi di birre, quelli che impropriamente vengono chiamati punkabbestia... Cerchiamo di restituire una costellazione di punti di vista».
Quale sarà l’effetto?
«Portiamo lo spettatore in un dedalo di strade e di questioni difficili, senza scadere nella polemica. Cerchiamo di osservare il problema dall’alto, come un campo di battaglia di voci e passioni che si contendono la piazza, quasi che ognuno avesse più diritto degli altri ad abitarla».
E lo spettatore potrà intervenire?
«Poniamo questioni e chiediamo, in certi punti, seguendo gli esempi di Roger Bernat o dei Rimini Protokoll, di fare scelte. Ma per noi, a differenza di loro, è essenziale il momento della ricerca sul campo».