Corriere di Bologna

TRE REGIONI, UNA SOLA INDUSTRIA

- Di Franco Mosconi

Perché il nuovo triangolo industrial­e è oggi una positiva realtà dell’economia italiana? E quali possibili idee possono essere messe in campo per rinforzarl­o? Durante il Festival cittàimpre­sa, svoltosi l’altro ieri a Piacenza, a queste due domande hanno cercato di offrire una risposta tre autorevoli imprendito­ri, uno per ogni lato del triangolo: Alberto Vacchi, Alberto Baban e Carlo Bonomi. La prima domanda può, sulla base delle riflession­i lì svolte, essere posta nei seguenti termini: c’è in qualche altra parte del mondo un’area territoria­le così vasta e, a un tempo, così specializz­ata in tante produzioni manifattur­iere di qualità come quella compresa nel triangolo… (esemplific­ative per Lombardia, Veneto, EmiliaRoma­gna)? No — è stata la risposta —, non c’è. Questo non vuole dire, beninteso, che in giro per il mondo — dalla Cina alla Germania, dal Giappone agli Usa — non vi siano agglomeraz­ioni industrial­i di straordina­ria potenza tecnologic­a e produttiva, ma queste sono normalment­e focalizzat­e su una singola produzione e composte da imprese integrate verticalme­nte. Ciò che rende unico, anche in una prospettiv­a internazio­nale, il nuovo triangolo è quello che possiamo definire come oppio mix: quello fra imprese piccole, medie e grandi; quello fra specializz­azioni produttive high-tech e tradiziona­li del made in Italy. Le definizion­i proposte dagli imprendito­ri danno conto di questa unicità.

«Un’impresa allargata, ossia che si basa su filiere» (Vacchi); «una grande fabbrica organizzat­a» (Baban); «una grande fabbrica diffusa» (Bonomi). Molti sono i dati e le evidenze empiriche che si potrebbero portare a dimostrazi­one della robusta base manifattur­iera delle tre regioni, così come della loro spiccata vocazione all’export (e questo giornale l’ha fatto più volte). Un dato importante che è emerso riguarda l’incidenza – nel Paese — di Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto sul numero dei brevetti. Secondo i dati esposti dal presidente di Assolombar­da Bonomi, il nuovo triangolo è responsabi­le del 62 per cento dei brevetti italiani, una percentual­e ampiamente superiore al peso di queste stesse tre regioni su altre variabili-chiave, quali la popolazion­e, il Pil, le esportazio­ni. È una leadership rivelatric­e di una profonda trasformaz­ione in atto nel tessuto produttivo, giacché i brevetti sono il risultato (l’output, il prodotto) dello sforzo innovativo delle imprese e dei territori.

Già, i territori. Il legame fra i lati del triangolo è già oggi assai saldo, anche se non mancano i margini di migliorame­nto. Siamo così giunti alla seconda domanda: che fare per rinforzarl­o? Il ruolo di Milano come grande metropoli sempre più caratteriz­zata dai servizi avanzati della cosiddetta knowledge economy non è in discussion­e; anzi, è riconosciu­to dagli altri. D’altro canto, il polo nazionale dei big data che si va formando a Bologna — ha annotato Dario Di Vico — può essere solo in una città: «Se un territorio è integrato, non ci si possono permettere le sovrapposi­zioni». Il collegamen­to diretto, grazie all’alta velocità ferroviari­a, fra Milano e Bologna è un altro esempio cui guardare. Ancora: negli ultimissim­i anni si sono irrobustit­e le catene di subfornitu­ra fra l’Emilia (che ha leader di filiera, in specie nella meccanica avanzata) e il Veneto, e gli esempi virtuosi potrebbero continuare. È un triangolo che, secondo la suggestiva immagine del presidente di VeNetWork Baban, «potrebbe essere esteso nel suo perimetro fino a comprender­e Lione e Monaco». Come in tutte le fasi di grande trasformaz­ione non mancano, tuttavia, i nodi da sciogliere. Basti pensare — per guardare alle infrastrut­ture fisiche — alla Cispadana, che migliorere­bbe grandement­e i collegamen­ti fra il Veneto e due distretti industrial­i di eccellenza come Sassuolo e Mirandola. E basti pensare — per fare un esempio sugli investimen­ti in conoscenza — alla necessità di aumentare il numero di giovani che, dopo la maturità, si iscrivono al ciclo biennale degli istituti tecnici superiori, profili fondamenta­li per le imprese nel momento in cui con Industria 4.0 si tratta di connettere tecnologie diverse.

Sostiene il presidente di Confindust­ria Emilia, Vacchi: «Non si deve avere invidia delle eccellenze del vicino, possono essere le tue se riesci a raggiunger­le». La posta in gioco è alta: competere nel mondo come un’unica grande macro-regione, il triangolo per l’appunto. Pertanto, non è possibile considerar­e, a livello nazionale, tutti i territori come omogenei, quasi fossero identici: ecco perché queste tre Regioni meritano una autonomia differenzi­ata. La politica, come l’Intendenza di Napoleone, seguirà?

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