Itinerario in zona universitaria tra conflitti urbani e degrado
LO SPETTACOLO Lo spettacolo di Kepler-452 con i suoni di Guidetti dello Stato Sociale
Degrado. Ancora il degrado? Se fosse solo un conflitto tra chi ormai ha passato l’età e non ha altra prospettiva a sera che tranquillamente appisolarsi, e non riesce, e tra chi invece è premuto dal desiderio, dagli ormoni, che lo porteranno se fortunato a trovare l’amore? Un conflitto, sicuramente. Come quello che portò il popolo infuriato a distruggere il palazzo dei Bentivoglio, là dove ora sorge il monticello del Guasto, una rottura, un vuoto mai colmato...
Inizia dai giardini del Guasto, attraversa i muri carichi di storia dell’Università, gli angoli più squallidi o «pericolosi» (lo dice perfino TripAdvisor) della zona, entra nella notte delle birre, della musica, dello sballo. Contempla i muri grafitati e si interroga sull’arte di strada, sulle frontiere della creatività che non accettano il ricatto dell’opera e fanno di un semplice tag, di una firma arabescata, esperienza esistenziale ed estetica. Entra perfino in una «tipica» casa in coabitazione di fuorisede.
Finisce, come d’obbligo, nel centro del conflitto, in piazza Verdi, osservata di scorcio aereo, nello stesso modo con cui aveva scrutato prima un campo di battaglia, con una distanza che rende il disegno della mappa come un incrocio di fili di destini diversi.
È molto coinvolgente Lapsus urbano / Dissenso unico, il nuovo spettacolo di Kepler452, firmato dal venticinquenne Enrico Baraldi, con la drammaturgia sua, di Nicola Borghesi e di Riccardo Tabilio, suono di Alberto Guidetti dello Stato Sociale. In realtà non è uno spettacolo in senso proprio. C’è qualche momento più teatrale, quando il gruppo viene diviso in due e alcuni diventano spettatori, altri manifestanti che innalzano cartelli.
È un itinerario nella zona, guidati da una voce in cuffia, quella di Nicola Borghesi, capace di alternare il tono esplicativo, il pezzo che pone domande a questioni difficili da risolvere e quello che ti porta in mondi tutti da immaginare.
In mezzo ci sono anche frammenti di interviste alla «fauna» locale, abitanti, studenti, venditori ambulanti e abusivi, «spiaggiati» sotto qualche portico o nella piazza. Entri in una questione rovente della città, partendo da quella ribellione, da quel Guasto che impose un cambiamento. Arrivi a dover confessare se hai mai contribuito al degrado: alza la mano il giovane che ha lasciato una bottiglia vuota per strada e l’attempato settantasettino che ha fatto le barricate.
È un’ora e quaranta di vita, nel presente e nel passato della città, nei suoi fantasmi, nelle esagerazioni che poi diventano polvere della storia. Non prende posizione: per lasciare libero lo spettatore, certo, ma anche perché il contesto è quello dell’Estate Bolognese, e la committenza forse non gradirebbe dirompenti idee univoche e estreme. Ma è un gioiellino di intelligenza, ritmo, passione.