Corriere di Bologna

Il papà straziato e un dolore lungo dieci chilometri

Solo 10 chilometri separano le due famiglie, che si erano sentite per via dell’amicizia tra i figli

- G. Rot. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«È una tragedia troppo forte, non è facile gestire le nostre emozioni. Ora chiediamo silenzio, aspettiamo le indagini», dice il papà di Giuseppe con la famiglia chiusa nel dolore.

A pochi chilometri lo strazio della famiglia dell’amico che l’ha ucciso.

Dieci chilometri, due province diverse. Da una parte quella bolognese, dall’altra la Bassa modenese. Campagne a perdita d’occhio con i vitigni a interrompe­re boschi e pendii. È una manciata di chilometri a separare i destini di due famiglie stordite dal dolore, seppure per ragioni molto diverse. A Ciano di Zocca, in una stradina in salita, s’inerpica la villetta della famiglia Balboni. È qui che Giuseppe viveva con il fratello e i genitori, da qui partiva col suo Phantom rosso per andare in paese o per trovarsi con gli amici. Da qui è partito anche quel maledetto lunedì mattina, quando la sua giovane vita è finita inghiottit­a in un pozzo.

Basta solo una manciata di chilometri per arrivare a Tiola, nella villetta dove vive l’amico sedicenne, quello che l’ha ucciso. Una casa con i mattoni a vista dove vive con i genitori e la sorella. Gente perbene, gran lavoratori, senza grilli per la testa. Un’altra famiglia straziata dal dolore, inghiottit­a in una storia feroce che fa fatica ancora a capire. È toccato al padre scoprire il corpo di Giuseppe e realizzare che suo figlio era l’assassino. È stato lui a chiamare i carabinier­i e, di fatto, a consegnare loro il ragazzo. Ieri i suoi genitori sono andati al Pratello per i colloqui di rito con la direzione e per lasciare qualche vestito.

Negli stessi istanti genitori e parenti di Giuseppe sono riuniti a Ciano, straziati da un dolore indicibile: «È una tragedia troppo forte, non è facile gestire le nostre emozioni. Ora chiediamo silenzio, ci sono indagini in corso», si è limitato

Le due famiglie I genitori del 16enne sono andati in carcere per i colloqui, quelli di Giuseppe riuniti in casa

a dire papà Daniele prima di rientrare in casa. Hanno nominato alcuni legali, tra questi l’avvocato Francesca Lamazza, per seguire gli sviluppi e tutelarsi. Una famiglia d’oro, che ha sempre seguito i figli adottati anni fa nella difficile età dell’adolescenz­a, dice in paese chi li conosce bene.

Non è il momento delle accuse o della rabbia, ma quello del dolore, della riflession­e, delle tante domande ancora senza riposta. Ciò a cui tengono di più in questo momento è che non esca un’immagine distorta del figlio, quello di un bullo o un gradasso in cerca di guai. Certo, aveva qualche problema, forme di ribellismo comuni a tanti giovani di quell’età, magari qualche spinello ma non traffici tali da dover alzare il livello di attenzione. Anche il fatto che si fosse già allontanat­o da casa in altre occasioni, è una circostanz­a che la famiglia è stata costretta a smentire nei giorni terribili dell’angoscia e con quelle risposte attese ma mai arrivate. Peraltro è questo il motivo per cui i genitori hanno denunciato subito la sua scomparsa e insistito affinché venissero subito attivate ricerche e indagini.

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