Mostra a Palazzo Pallavicini: 80 lavori preziosi, fra tele e manifesti
L’Accademia delle Belle Arti di Praga non accolse la sua iscrizione, ma il giovane Alfons Maria Mucha (1860-1939) non si demoralizzò e qualche anno dopo divenne uno dei più grandi interpreti dell’Art Nouveau, tanto da imporsi con un proprio «stile». Per la prima volta le sue opere arrivano a Bologna con una retrospettiva di circa 80 lavori allestiti nelle sale di Palazzo Pallavicini, in via San Felice 24, di cui un terzo mai esposto in Italia.
La storia è piena di rifiuti o mancate ammissioni come quella che capitò al grande artista boemo Mucha (tanti anni dopo accolto dall’Accademia di Berlino). Dotato di un talento più forte delle avversità burocratiche il pittore ceco s’impose alla fine dell’800 in una Parigi in fermento, con la Tour Eiffel in costruzione, e pronta al passaggio verso la modernità.
Prima della Ville Lumière, dove sarebbe stato ribattezzato Alphonse, il pittore trascorse però due anni «preparatori» a Vienna dove lavorò per la compagnia KautskyBrioschi-Burghardt come pittore per scenografie teatrali fino al grande incendio del Ringtheater dove persero la vita 449 persone cui seguì il suo licenziamento.
Un tragico evento che, nonostante il suo fortissimo attaccamento alla terra natìa e il suo patriottismo, lo condusse a Parigi dove grazie alla realizzazione del manifesto teatrale Gismonda disegnato per l’attrice Sarah Bernhardt raggiunse fama e successo: era il primo ottobre 1895. La più grande attrice francese dell’epoca, deliziata dal successo di quel poster affisso ovunque, lo assunse per produrre le scenografie ed i costumi