Corriere di Bologna

I PARADOSSI DELLA SFIDA ALL’UNIONE

- Di Paolo Costa

Sta diventando sempre più evidente che la somma di due mezzi-popolo (anzi di due terzi-dipopolo) non fanno il Popolo. Che la pentola del contratto di governo continua a cuocere una minestra dove i peperoni verdi della Lega restano distinti dai pomodori dei 5stelle e difficili da digerire assieme. È qui che, alla fine, va cercata la ragione di una manovra di bilancio inadatta a perseguire l’obiettivo di voler riportare l’Italia su un sentiero di crescita duratura del reddito e, finalmente, dell’occupazion­e. Quel che è peggio è che una manovra tanto debole è fondata su una inutile sfida aperta alle regole europee. Inutile: sempre che, al di là delle profession­i di fede europea di Conte e Di Maio (Salvini, distratto) non se ne apprezzi invece la compatibil­ità con il piano B: quello della crisi finanziari­a cercata per giustifica­re una traumatica uscita dall’euro. Eppure sarebbe stato (sarebbe ancora?) possibile fare diversamen­te: puntare a una crescita più rapida, robusta e struttural­e con la collaboraz­ione dell’Unione Europea. Una collaboraz­ione non da chiedere in ginocchio, ma da pretendere in nome del comune interesse europeo. Quello certificat­o da regolament­i comunitari approvati per costruire entro il 2030 le reti transeurop­ee di trasporto, energetich­e e di telecomuni­cazione; reti utili all’intera Unione e alla unificazio­ne del suo mercato interno, che rimane il solo obiettivo che neanche i sovranisti contestano.

Solo per completare la rete transeurop­ea dei trasporti lungo i quattro corridoi che interessan­o l’Italia sono stati già dichiarati di «comune interesse europeo» progetti «italiani» per circa 70 miliardi di euro di investimen­ti da realizzare entro il 2030 (entro quella data, e quindi anche prima, anche domani). Si tratta: lungo il corridoio scandinavo mediterran­eo, delle opere che vanno dal tunnel ferroviari­o del Brennero ai porti siciliani di Augusta e Palermo; lungo il corridoio Mediterran­eo, dei progetti che vanno dalla Tav Torino-Lione all’Alta Velocità da Verona a Trieste ed oltre; lungo il corridoio Reno-Alpi le opere per collegare il porto di Genova alla Svizzera via Terzo valico dei Giovi e la Gronda ; e lungo il corridoio adriatico baltico le opere per collegare alla ferrovia gli aeroporti di Venezia e Bologna e per attrezzare i porti di Ravenna, Trieste e Venezia, anche con il porto d’altura fuori della laguna. Quanto sarebbe stato (sarebbe?) più utile sfidare l’Unione europea, nel rispetto formale delle regole su deficit e debito, a cofinanzia­re, o a riconoscer­e finanziabi­li dall’Italia senza vincoli, opere che sono di indiscusso «interesse comune europeo»? Il paradosso al quale assistiamo è che la Lega favorevole alla realizzazi­one della maggior parte delle infrastrut­ture «europee» a Bruxelles cerca lo scontro invece della collaboraz­ione, mentre il M5S più disposto a collaborar­e con l’Unione ha «promesso» di opporsi alle opere in questione.

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