L’amore di Romagnoli «Soltanto l’ultimo è quello definitivo»
«L’ultimo amore è quello definitivo e l’anagrafe aiuta a comprenderlo. Se a un certo punto non abbiamo ancora la persona giusta con noi vuol dire che abbiamo sbagliato». Così lo scrittore e giornalista bolognese Gabriele Romagnoli spiega il senso del suo ultimo libro «Senza fine», che ha presentato ieri alla Feltrinelli di piazza Ravegnana. «Quando arriva l’ultimo amore — continua — lo senti, non hai più la spinta a cercare altro, sei solo contento di stare bene». Per corroborare questo pamphlet sui sentimenti, Romagnoli utilizza storie che gli sono state raccontate, da New York a Lampedusa: «Non so perché ma in genere tutti mi chiedono indicazioni stradali, anche quando ho un trolley in mano, o mi raccontano la loro vita. Forse perché se c’è uno che ti ascolta capisci che la tua vita è interessante». Storie come quella di Lana e Carlo, che si sono incontrati da ragazzi e si sono ritrovati su un’isoletta greca dopo quarant’anni, tre matrimoni falliti e due gravi malattie. O del filosofo Zygmunt Bauman e di sua moglie Aleksandra, innamoratisi a ottant’anni dopo la perdita dei loro rispettivi compagni. Alla base del libro, il terzo di una trilogia che comprende «Solo bagagli a mano» e «Coraggio!», anche l’esperienza personale che ha portato Romagnoli a sposarsi a 54 anni, nel 2014, con la collega giornalista Paola Saluzzi. «Quando hai vent’anni —osserva lo scrittore — e una relazione non funziona puoi interromperla, ma andando avanti diventi più cauto. Leggevo di Monica Bellucci che, dopo due divorzi, sul nuovo compagno diceva che si faceva molte domande prima di proseguire. Nel mio caso se a 54 anni fai una cosa è perché ci credi davvero». Per spiegare i casi, sempre più frequenti, di separazioni dopo un solo anno, Romagnoli ricorre alla disponibilità del mercato: «Oggi il mercato dei sentimenti ha un’offerta enorme e quindi diventa tutto più semplice. Anche i divorzi sono meno complicati e costosi di un tempo e questo aumenta la tentazione di andare in altre direzioni». Romagnoli, che ha vissuto un po’ in tutto il mondo e vanta ventotto traslochi alle spalle, ha un rapporto complesso con la sua città d’origine. «Sono cresciuto in una Bologna — rivela — che era nel suo momento migliore, tra giallisti, artisti, Dalla e Guccini. Era una città più solare, con battute e ironia, una città laboratorio. Oggi mi sembra un po’ perplessa, invecchiata, seduta. E invece bisogna anche avere il coraggio di sbagliare, altrimenti si finisce come Roma, dove per paura ormai non si fa più niente e la città muore.