Corriere di Bologna

La disco, i tatuaggi, l’amicizia e il paese I due amici inseparabi­li

I 19enni erano cresciuti insieme a Pieve di Cento. Sconvolti gli amici

- di Gianluca Rotondi

Due amici inseparabi­li, come possono esserlo due diciannove­nni cresciuti insieme in un piccolo paese che hanno condiviso tutto: la passione per la musica techno, i viaggi, le serate con gli amici. Questo erano Pietro, muratore, e Anas, in cerca di lavoro, anche quando il secondo si è trasferito al di là del ponte: «Li divideva solo quello, erano una cosa sola», dicono gli amici sconvolti.

Pietro e Anas, diciannove anni, amici per la pelle, stretti da un legame vero e indissolub­ile, come può essere quello tra due ragazzi di quell’età cresciuti insieme in un paese di appena settemila anime. Pieve di Cento piange i suoi giovani figli volati via troppo presto in una notte con il cielo cupo. Se sono andati insieme, come insieme sono cresciuti tra strade e piazze del paese condividen­do tutto: delusioni, difficoltà e naturalmen­te amori, sogni e passioni. Come quella per i tatuaggi, per le serate in discoteca a ballare con gli amici quella musica elettronic­a per cui stravedeva­no. A Bologna, ma anche altrove. «Ama la musica, divertiti responsabi­lmente», postava su Facebook Pietro, accanto a tante altre fotografie che raccontano l’amore per la natura e la voglia di stare in gruppo, con gli amici di sempre. E poi i miti intramonta­bili da condivider­e sui social, come Bob Marley, e la fascinazio­ne per cappellini, tute e sneakers da rapper.

Muratore Pietro, sempre in giro per cantieri tra stage e tirocini e finalmente assunto da una ditta che produce cartongess­o, ancora senza un lavoro Anas che studiava alle superiori e iniziava a guardarsi intorno per capire dove andare a bussare. Cresciuti insieme fin da piccoli a Pieve, hanno studiato entrambi a Cento, il paese gemello al di là del confine, in due istituti tecnici e profession­ali diversi. Fino a quando Anas si è trasferito a vivere al di là del ponte, «l’unica cosa che li teneva separati», dicono ora gli amici sconvolti. È lì che il papà del giovane di orgine marocchina aveva aperto una macelleria. Nemmeno questo aveva cambiato il loro rapporto: «Erano legatissim­i, sempre con il sorriso e una buona parola per tutti», racconta un amico venuto in via Mascherino, il luogo del terribile incidente, per cercare risposte a una tragedia che nessuno sa spiegare. Non erano irresponsa­bili, giurano i coetanei, forse hanno solo avuto paura delle conseguenz­e di quel controllo. Magari per un bicchiere di troppo o chissà per quale altro motivo che nessuno, soprattutt­o chi ora non ha più lacrime per piangerli, saprà mai. Anas era l’unico ad avere la patente, Pietro l’avrebbe presa a breve. Era lui a guidare il Suv del padre l’altra notte. L’aveva già fatto, anche se da neo patentato non avrebbe potuto.

Anas, due fratelli più grandi e una famiglia perfettame­nte integrata in Emilia, praticava ju jitsu e tre anni fa aveva partecipat­o ai campionati italiani juniores dell’arte marziale giapponese. L’altra sua grande passione oltre a quella per i viaggi. Era un ragazzo curioso e innamorato, proprio come l’inseparabi­le amico Pietro. I profili social raccontano i rispettivi legami sentimenta­li, le foto con le fidanzate e i commenti degli amici. Anas adorava viaggiare, spesso in compagnia della ragazza. Inseguiva la musica techno, ma anche le sue radici. A settembre erano stati insieme in Marocco: «Reciprocam­ente insieme», scriveva lei a corredo di una foto di loro due abbracciat­i davanti al mare. E poi Roma, un paesino di montagna e, ancora, Zurigo, per la parata techno della street parade, e Rimini in occasione della notte rosa. Con la piramide di vetro del Cocoricò sullo sfondo, il tempio romagnolo della musica elettronic­a. Una foto condivisa da Pietro sul suo profilo. «Riposate in pace fratelli miei! Siete importanti ci vediamo lassù!», è il messaggio struggente lasciato sui social network da un ragazzo. Uno come loro.

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Insieme Pietro e Anas, nelle foto da sinistra, erano cresciuti insieme a Pieve di Cento, il primo lavorava come muratore, l’altro era ancora in cerca di un impiego
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