I COMPITI A CASA DELL’EMILIA
Da alcuni anni l’economia dell’EmiliaRomagna viaggia a ritmi di crescita prossimi al 2%. Potrà questa locomotiva mantenere e perfino superare questa velocità di corsa? Le condizioni esterne non sono particolarmente favorevoli. Il meteo delle previsioni economiche nazionali volge al brutto e anche il clima internazionale non è dei migliori. Se le previsioni di breve termine suscitano preoccupazioni, la capacità di costruire il nostro futuro è ciò che davvero conta per consentire alla locomotiva di correre, nella lunga distanza, a passo sostenuto. Ci soffermiamo qui su tre dei tanti compiti da fare a casa. Il primo di questi riguarda la scienza della conversazione. Poiché i prodotti conterranno sempre più software (bit, cioè quantità d’informazione) e sempre meno hardware (atomi), corre l’obbligo di imparare a conversare per adattarsi a regole sempre più complesse, non ovvie e non sempre scritte. Siano esse imprese, istituzioni, associazioni di categoria, di volontariato e club, per le organizzazioni è tramontato il tempo del facile conversare mantenendo ciascuna persona una posizione fissa. Come con i suoi tanti testi e saggi ha insegnato Peter Drucker a una lunga fila di futuri manager, in un’organizzazione assimilabile a una squadra di baseball ciascun giocatore riceve le informazioni appropriate al compito da svolgere e le ottiene indipendentemente da quelle che arrivano ai suoi compagni.
Qui la conversazione è semplice. Ciascuno dice all’altro quello che fa senza dover ricevere nulla in cambio. Se invece l’organizzazione funziona come un’orchestra sinfonica o una squadra di calcio, ciascun musicista o calciatore riceve dal direttore o dall’allenatore la gran parte delle informazioni che è chiamato a condividere, conversando in modo tale da coordinarsi con tutti gli altri. La conversazione è articolata e la comprensione non sempre immediata. Se poi l’organizzazione è quella del complesso jazz o del doppio di tennis, l’assenza di posizioni fisse impone a ciascuno di adeguarsi alle forze e alle debolezze dei compagni. Bisogna allora apprendere a conversare ricevendo informazioni l’uno dall’altro, senza intermediari che siano un direttore o un allenatore. La transizione dall’hardware al software spinge le organizzazioni verso questo terzo stadio evolutivo. Saltano i livelli manageriali, entrano in scena le abilità imprenditoriali, c’è da allenarsi nella palestra della conversazione complessa. Il secondo compito è acquisire maggiore familiarità con l’innovazione, la parola chiave del prossimo programma europeo, dopo Horizon 2020 che ha finanziato lo spazio europeo della ricerca. Al pari dell’imprenditorialità, l’innovazione è un gioco locale, non nazionale. L’iniziativa spetta al sindaco e ai dirigenti della città che vuole presentarsi sul palcoscenico globale con l’autorevolezza dell’attrice di prima fila. Il terzo compito è l’incoraggiamento dello spirito imprenditoriale che pare essere in caduta nel nostro Paese, com’è stato rilevato in un sondaggio realizzato lo scorso luglio e pubblicato il 2 dicembre sul Corriere della Sera. Attraversiamo un tempo favorevole a un tale compito. La povertà nel mondo si è molto ridotta, è già emerso ed è in espansione un ceto medio globale, cresce la domanda di prodotti e servizi ad alto contenuto digitale, aumenta quindi il fabbisogno di imprenditori tecnologicamente evoluti. La seconda buona notizia è che si sta alzando la marea dei fondatori d’impresa europei che preferiscono creare nel Vecchio Continente le loro attività anziché emigrare in Silicon Valley. Oggi sono il 64%, e sale all’81% la quota di quelli che vorrebbero farlo nel prossimo futuro. È un compito da svolgere coltivando in casa i talenti, attraendoli da fuori e investendo, con cuore altruistico, capitali per seminari nuovi campi d’imprenditorialità.