Don Giovanni
Rondoni oggi al foyer del Comunale dialoga con Sgarbi sull’opera di Mozart. «Una figura attuale in quest’epoca narcisistica. A Bologna non si parla più d’amore»
Un poeta, che dell’amore ha fatto il centro del suo mondo letterario, e un critico d’arte, che del fascino per la bellezza femminile non ha mai fatto mistero. Davide Rondoni sarà oggi (alle 17) con Vittorio Sgarbi al foyer Respighi del Teatro Comunale di Bologna. I due dialogheranno intorno al Don Giovanni di Mozart, in vista della messa in scena dell’opera sul palco del Comunale dal 15 al 23 dicembre (info www.tcbo.it). Un dialogo intervallato da alcuni dei più famosi brani interpretati dai cantanti della Scuola dell’Opera del Teatro Comunale. Rondoni ha scritto il romanzo Il bacio di Siviglia, in cui il protagonista si mette sulla strada di don Giovanni per comprendere e per vedere cosa ha da dire quella figura misteriosa alla sua vita e al suo amore. «Don Giovanni resta una figura mitica. E ancora attuale» dice al Corriere di Bologna Rondoni.
Ancora oggi?
«Bologna è la città di Guinizelli, poeta del Dolce stil novo. Parlare in questa città d’amore ha molto più senso che parlare di cibo, come troppo spesso ormai si fa. Leggerò un po’ di poesie e qualche pagina del mio romanzo dedicato a Miguel Mañara, cavaliere sivigliano del ‘500 che ha dato la radice storica al personaggio di Mozart. La sua è una storia misteriosa: dopo la morte della moglie, si converte e diventa campione di carità, tanto da essere beatificato da Giovanni Paolo II. In lui, contrariamente a quanto avviene in Don Giovanni, il continuo inseguimento dell’amore si ricongiunge infine all’amore verso Dio».
Quali Don Giovanni vede nel mondo di oggi?
«In Don Giovanni l’amore è inteso come possesso, numeuna ri con cui stilare un catalogo, un mondo dove gli altri servono prima di tutto per affermare se stessi. Il suo fortissimo narcisismo è lo stesso che caratterizza profondamente la nostra epoca: la continua spinta all’inseguimento, se non sfocia nella conquista, si trasforma in disperazione. Siamo un po’ tutti dei Don Giovanni in un certo senso, ecco perché la sua è e resta
” La donna Con lei un uomo mette in gioco la sua anima
figura mitica. Considerando la donna come riempitivo della propria insoddisfazione, non c’è da stupirsi che i rapporti sentimentali sfocino nella violenza. Leopardi lo aveva capito e lo spiega molto bene in Aspasia»,
È il mutamento tra «amore» e violenza...
«Se l’amore per la donna diventa ricerca della felicità in lei, direi idolatria, questo si trasforma facilmente in principio di violenza. I grandi pensatori hanno capito invece che la forma d’amore più grande è l’amicizia che rompe le leggi del calcolo e del possesso».
C’è un filo quindi che corre dal Dolce stil novo a Leopardi passando attraverso Mozart…
«Il Dolce stil novo cantava l’amore per qualcosa che non si può possedere, come nel “catalogo” di Don Giovanni: tutta la grande letteratura d’amore racconta in fondo l’inseguimento di qualcosa che può sfociare nel raggiungimento o nella disperazione».
Conoscere e capire la poesia aiuta quindi a fermare la violenza?
«La poesia rappresenta il modo più profondo per parlare dell’esperienza più importante dell’uomo che è, appunto, l’amore. Una questione troppo grande per farne una chiacchiera da salotto televisivo alla De Filippi. Meglio parlare di Guinizelli che di mortadella, ma in modo serio».
Dialogherà con Sgarbi. Voi due sembrate molto diversi...
«Direi che siamo opposti, ma amici. Come tutti i personaggi tragici, Sgarbi ha giocato molto con la sua immagine. Ma nel rapporto con l’elemento femminile un uomo mette in gioco la sua anima».