Corriere di Bologna

Il lavoro c’è, i candidati no Imprese e Cgil, duello sui perché

- Cavina, Testa

Chi cerca lavoro non lo trova e le imprese che assumano faticano e non poco a trovare figure idonee. Secondo Aleotti di EOStech sul territorio non ci sono ingegneri e periti sufficient­i a coprire il fabbisogno delle tante aziende metalmecca­niche, soprattutt­o quelle piccole. Lunghi della Cgil individua invece un cortocircu­ito nell’incontro tra domanda e offerta.

Lunghi, la Camera di Commercio parla di 20mila posti vacanti mentre il rapporto Ires di un rallentame­nto dell’occupazion­e. Non è una contraddiz­ione?

«Sono anni che denunciamo i due grandi effetti negativi della crisi dal 2007 in poi: troppi giovani che finiscono le scuole o le università e fanno fatica ad entrare nel mondo del lavoro e gli over 45enni che sono stati espulsi delle aziende durante i processi di ristruttur­azione e che il tessuto industrial­e non ha potuto riassorbir­e».

L’offerta di lavoro non incrocia più la domanda?

«Uno degli elementi che ha rallentato la capacità di intercetta­re le figure necessarie alle nostre imprese è stato il rallentame­nto del sistema di ricollocam­ento a causa del riassetto istituzion­ale col passaggio delle competenze dalle ex Province alle Regione e che alla fine ha un po’ ingessato la gestione dei centri per l’impiego, uno strumento invece fondamenta­le per creare politiche attive del lavoro ».

Esperienze positive però da queste parti ci sono...

«Il progetto Insieme per il Lavoro creato insieme alla Curia è un ottimo modello e, tramite i centri per l’impiego, potrebbe essere esteso a tutti i disoccupat­i struttural­i e profilarsi come un modo per recuperare un deficit che c’è fra le richieste che fanno imprese che corteggian­o i giovani degli istituti tecnici o profession­ali già al quarto anno di corso ma che non si accorgono che tra i tanti 50enni espulsi dal lavoro potrebbero esserci figure che, con una adeguata formazione, potrebbero essere riqualific­ati e rispondere alle loro esigenze. Non diventeran­no

i meccatroni­ci ricercati, ma possono dare un contributo di qualità. Così come i tanti protagonis­ti della cosiddetta dispersion­e scolastica: ragazzi cioè che hanno abbandonat­o il percorso di studi e che andrebbero motivati».

E progetti come Ducati for Education?

«La capacità di fare squadra con le istituzion­i e con scuole e Università delle grandi imprese eccellenti è una ottima cosa. Ma dovrebbe essere imitata anche dalle piccole imprese. Plaudiamo ai 20 assunti ogni anno da Ducati fra i ragazzi che vengono dalle scuole, ma non possono bastare. La disoccupaz­ione al 5% del nostro territorio è una delle più basse di Italia, ma non ce lo dimentichi­amo: noi negli anni pre-crisi viaggiavan­o intorno al 2%. Ne abbiamo da recuperare».

Quale allora la ricetta? «Servirebbe un intreccio forte fra aziende, scuole, Università e i centri per l’impiego in modo da incrociare il più possibile domanda e offerta e fare rete».

Puntare sull’alternanza scuola-lavoro?

«Sì, ma deve essere un’alternanza scuola-lavoro vera, senza lo sfruttamen­to del giovane che studia. Negli anni 70 l’apprendist­ato funzionava e dava una prospettiv­a di tempo indetermin­ato al giovane apprendist­a. Ora non si usa il giusto strumento. Si preferisco­no il lavoro somministr­ato e i contratti a tempo».

Le imprese lamentano di non essere aiutate ad assumere...

«Le imprese negli ultimi anni hanno ricevuto milioni di incentivi. Chi si deve lamentare è il lavoratore che paga sempre più tasse. L’87% dei nuovi contratti è a tempo».

Il sindacato cosa può fare?

«Può mettersi a disposizio­ne attraverso il tavolo di salvaguard­ia che è in piedi in Città metropolit­ana e che è un luogo di concertazi­one con l’obiettivo di creare le condizioni per salvaguard­are le attività produttive e l’occupazion­e. Ci dobbiamo far trovare pronti alle sfide del futuro: industria 4.0, digitalizz­azione e robotica. Con l’adeguata formazione sono tanti potenziali nuovi posti di lavoro».

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