Corriere di Bologna

LA TAV RIGUARDA TUTTI

- Di Paolo Costa

Finalmente sulla TAV anche buona parte del Nord batte un colpo. Non tutto, perché manca ancora all’appello una parte del Nordest (Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Trentino Alto Adige). Ma ci si può accontenta­re. Perché le prese di posizione dei presidenti della Regione Veneto Luca Zaia e della Regione Lombardia Attilio Fontana — ma anche di molti sindaci e rappresent­anti di forze economiche e sociali lombardo-venete — liberano da un assurdo localismo la questione del collegamen­to ad alta velocità ferroviari­a Torino-Lione. Si vorrà leggere il nuovo Sì TAV come contrappos­izione di interessi tra Nord e Sud, come competizio­ne politica tra Lega e Movimento Cinque Stelle. C’ è anche questo.

Ma la vera novità dell’allargamen­to del fronte favorevole alla TAV al di fuori del Piemonte sta nella presa di coscienza del fatto che la grande opera in questione non è solo un tunnel di 57 chilometri tra Susa e Saint Jean de Maurienne; o 237 chilometri di ferrovia tra Torino e Lione; ma comprende — solo in Italia— l’intera tratta che va dalla Val di Susa a Trieste la quale, a sua volta, è solo parte del Corridoio europeo Mediterran­eo che va dall’Ungheria alla Spagna.

A sua volta, solo una parte di quella rete transeurop­ea di trasporto che unificherà il mercato interno dell’Unione europea entro il 2030. Un’opera, l’Intera rete TEN-T, che produce benefici in tutta l’Unione.

Mentre il corridoio Mediterran­eo, da completare in Italia con la tratta Torino-Lione, ma anche con la BresciaPad­ova, la Mestre-Trieste e la Trieste-Divaccia (in Slovenia), produce benefici per tutti i Paesi a Sud e a Nord delle Alpi. Ne beneficera­nno Ungheria, Croazia, Slovenia, Italia, Francia e Spagna. Una prospettiv­a questa — la sola corretta — che rende del tutto ininfluent­e l’analisi costi benefici della «Commission­e Ponti» perché applicata all’oggetto sbagliato (la sola parte Torino-Lione invece del Corridoio Mediterran­eo, se non l’intera TEN-T); per non parlare della mancata presa in consideraz­ione dei benefici potenziali di medio-lungo periodo derivanti dalla rilocalizz­azione di industria e servizi (come insegnano le prime analisi degli effetti decennali della TAV Milano Roma sullo sviluppo di EmiliaRoma­gna (Bologna) e Toscana (Firenze). La domanda è: perché non si è sprovincia­lizzato prima il confronto sull’Alta velocità? Per almeno due motivi macroscopi­ci, tra i molti. La mancanza, da troppo tempo, della definizion­e di uno scenario condiviso di sviluppo territoria­le del nostro Paese e delle sue proiezioni europee e mondiali.

E la timidezza della Commission­e europea, colpita dal morbo sovranista, nell’affermare il valore delle proprie decisioni già prese — realizzare «tutta» la rete TEN-T —, lasciando agli Stati membri e ai loro trattati bilaterali solo il compito di decidere il «come».

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