LA TAV RIGUARDA TUTTI
Finalmente sulla TAV anche buona parte del Nord batte un colpo. Non tutto, perché manca ancora all’appello una parte del Nordest (Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Trentino Alto Adige). Ma ci si può accontentare. Perché le prese di posizione dei presidenti della Regione Veneto Luca Zaia e della Regione Lombardia Attilio Fontana — ma anche di molti sindaci e rappresentanti di forze economiche e sociali lombardo-venete — liberano da un assurdo localismo la questione del collegamento ad alta velocità ferroviaria Torino-Lione. Si vorrà leggere il nuovo Sì TAV come contrapposizione di interessi tra Nord e Sud, come competizione politica tra Lega e Movimento Cinque Stelle. C’ è anche questo.
Ma la vera novità dell’allargamento del fronte favorevole alla TAV al di fuori del Piemonte sta nella presa di coscienza del fatto che la grande opera in questione non è solo un tunnel di 57 chilometri tra Susa e Saint Jean de Maurienne; o 237 chilometri di ferrovia tra Torino e Lione; ma comprende — solo in Italia— l’intera tratta che va dalla Val di Susa a Trieste la quale, a sua volta, è solo parte del Corridoio europeo Mediterraneo che va dall’Ungheria alla Spagna.
A sua volta, solo una parte di quella rete transeuropea di trasporto che unificherà il mercato interno dell’Unione europea entro il 2030. Un’opera, l’Intera rete TEN-T, che produce benefici in tutta l’Unione.
Mentre il corridoio Mediterraneo, da completare in Italia con la tratta Torino-Lione, ma anche con la BresciaPadova, la Mestre-Trieste e la Trieste-Divaccia (in Slovenia), produce benefici per tutti i Paesi a Sud e a Nord delle Alpi. Ne beneficeranno Ungheria, Croazia, Slovenia, Italia, Francia e Spagna. Una prospettiva questa — la sola corretta — che rende del tutto ininfluente l’analisi costi benefici della «Commissione Ponti» perché applicata all’oggetto sbagliato (la sola parte Torino-Lione invece del Corridoio Mediterraneo, se non l’intera TEN-T); per non parlare della mancata presa in considerazione dei benefici potenziali di medio-lungo periodo derivanti dalla rilocalizzazione di industria e servizi (come insegnano le prime analisi degli effetti decennali della TAV Milano Roma sullo sviluppo di EmiliaRomagna (Bologna) e Toscana (Firenze). La domanda è: perché non si è sprovincializzato prima il confronto sull’Alta velocità? Per almeno due motivi macroscopici, tra i molti. La mancanza, da troppo tempo, della definizione di uno scenario condiviso di sviluppo territoriale del nostro Paese e delle sue proiezioni europee e mondiali.
E la timidezza della Commissione europea, colpita dal morbo sovranista, nell’affermare il valore delle proprie decisioni già prese — realizzare «tutta» la rete TEN-T —, lasciando agli Stati membri e ai loro trattati bilaterali solo il compito di decidere il «come».