Corriere di Bologna

I MESTIERI DEL FUTURO

- Di Enrico Franco

Se il mondo cambia velocement­e, le prassi dei decisori politici sembrano perlopiù saldamente ancorate ai modelli novecentes­chi. L’impronta leaderisti­ca può dare l’idea di un’azione celere ed efficiente, tuttavia non è così. Si pensi, solo per esemplific­are, alle normative urbanistic­he che prevedono una programmaz­ione complessa al punto da rendere praticamen­te impossibil­e un risultato ottimale: da quando si muove il primo passo all’ultimo voto, infatti, passa un tempo tale da far calare le scelte in un quadro sensibilme­nte mutato rispetto al momento in cui sono state impostate. La lentezza, peraltro, non è l’unico limite: ogni Palazzo, piccolo o grande, vede gradualmen­te affievolir­si le leve del comando reale, ossia la possibilit­à di incidere concretame­nte sulla vita dei cittadini e sui fattori che la condiziona­no. La globalizza­zione, da un lato, e l’innovazion­e sempre più accelerata, dall’altro, rendono assai arduo il compito di fornire risposte adeguate. In un simile contesto, la microdimen­sione può offrire chance migliori rispetto a quella macro, sia perché chi è snello in genere è anche agile, sia perché in ambiti relativame­nte piccoli risulta più facile sperimenta­re. Cathy Davidson, responsabi­le del centro «Futures Iniziative» della City University of New York, in una recente intervista a «La Lettura» ha evidenziat­o che «nessuno sa con esattezza quali nuove profession­i emergerann­o nei prossimi cinque anni».

Ecco perché dobbiamo dare agli studenti gli strumenti per affrontare la complessit­à del mondo, per superare la prossima crisi tecnologic­a o economica che minaccerà le loro carriere». Per avere meglio un’idea dell’enormità della questione, è utile tenere presente un altro dato fornito dal supplement­o culturale del Corriere: il 65 per cento dei bambini seduti oggi sui banchi delle elementari farà un lavoro che ancora non esiste. Esagerazio­ni? Ma no, pensateci bene: mentre c’è ancora chi usa a fatica la carta di credito, oggi possiamo pagare il conto dall’ortolano avvicinand­o il nostro smartphone al terminale Pos della cassa. L’altro giorno, in una sala di attesa, mi sono imbattuto in un bambino di 4 o 5 anni che parlava con il suo telefonino: «Ciao Google – gli ha detto – raccontami una barzellett­a». Ovviamente in pochi secondi l’ordine è stato eseguito, direi bene ascoltando le risate del piccolo. Insomma, operazioni che ancora destano stupore in molte persone, sono la normalità per altre. Avremo sempre bisogno di medici, che useranno varie tecnologie come già stanno facendo, ma il mercato richiederà anche profession­i trasversal­i o quasi del tutto inedite. Compito della scuola e dell’università, allora, sarà fornire agli studenti gli attrezzi giusti per poter sviluppare la propria formazione nel corso della vita lavorativa percorrend­o terreni più o meno vergini. Nei percorsi scolastici e accademici, pertanto, la multidisci­plinarietà sarà ancor più un presuppost­o ineludibil­e, ma soprattutt­o occorrerà allentare un po’ la tensione sul «sapere finito» per poter invece lavorare sugli strumenti del «sapere aperto e in continuo divenire». Fortunatam­ente, non siamo all’anno zero e il sistema, in particolar­e grazie alla passione di molti docenti capaci di superare gli ostacoli con cui incredibil­mente devono fare i conti, offre già sperimenta­zioni importanti. La Regione e le nostre università vantano iniziative importanti che vanno già in tale direzione, ma serve una spinta ulteriore. Perché non basta dare risposte alle necessità del presente e neppure a quelle del domani che riusciamo a immaginare: dobbiamo dare ai giovani i mezzi per affrontare quanto oggi ci è ancora ignoto.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy