La sfida dei brevetti: far uscire dai cassetti le nostre scoperte
Quello dei rapporti con le imprese è solo uno dei capitoli, forse il più corposo, della terza missione dell’Università. «È l’impatto dell’attività di formazione e di ricerca sullo sviluppo della società — spiega il prorettore alla ricerca Antonino Rotolo —, alla terza missione viene data molta enfasi sia a livello nazionale che internazionale».
Professore, intanto cos’è cambiato rispetto al passato?
«Nel programma quadro europeo Horizon 2020 si guardava all’impatto tecnologico, mentre nel prossimo, Horizon Europe, che andrà dal 2021 al 2027, si discute dell’impatto più ampio dell’attività delle università. E come poterlo valutare. Come Ateneo abbiamo costruito un osservatorio che lavora a 360 gradi per costruire una batteria di indicatori per il monitoraggio di tutti gli aspetti legati alla terza missione. E siamo probabilmente i primi in Italia ad averlo fatto».
Startup e spin-off. Partiamo da un’attività non nuova per le università. Cosa cambia?
«Saranno sempre più incentivate, sia le prime che nascono da studenti o ex studenti, che le seconde che sono società attraverso cui si fa trasferimento tecnologico. Agli atenei verrà sempre più spesso chiesto che la loro ricerca sia industrializza bile, magli atenei devono investire e trasferire a livello sociale, senza fare profitto. E a questo si lega il tema della proprietà intellettuale da tutelare ma anche valorizzare».
Parliamo di brevetti?
«Esatto, che devono però essere diffusi il più possibile. Non ha senso metter a punto una innovazione e tenerla chiusa in un cassetto. Possiamo fare molto di più per innovare e aiutare ad innovare. I dati Ocse parlano chiaro: investire in ricerca e innovazione fa crescere il Pil di un Paese».
Fa parte della terza missione anche l’occupabilità dei vostri laureati?
«Esatto, il job placement è uno degli indicatori più importanti. Mettere in contatto domanda e offerta di lavoro per i laureati e per i dottori di ricerca. Spingeremo sempre di più sul dottorato di ricerca come forma di qualificazione del ricercatore e non solo come accesso per la carriera universitaria».
Quali sono altri aspetti nuovi?
«Comunicare tutto ciò che facciamo con eventi. La Notte dei ricercatori è un esempio, così come il ciclo di incontri promossi dal dipartimento di Scienze economiche su Brexit. riforma Fornero, reddito di cittadinanza. Lo faremo sempre di più: lavorare sui temi della ricerca che hanno rilevanza pubblica per dare un contributo al dibattito. E poi il marchio».
Cioè?
«Stiamo cercando di sviluppare una strategia di valorizzazione del marchio Unibo. Sponsorizzazioni e non solo. Incentiveremo i docenti, i ricercatori e il personale per promuovere queste attività».