Corriere di Bologna

«I fatturati volano serve manodopera»

L’analisi del presidente di Confagrico­ltura Bologna

- Al.Te. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Guglielmo Garagnani è uno dei 330 produttori di Parmigiano Reggiano della nostra regione. Classe 1971 è anche un allevatore: nella sua azienda zootecnica Caselvatic­a, che si sviluppa sui due territori della Valsamoggi­a e di Zocca, pascolano circa 200 vacche e si coltivano i frutti dell’agricoltur­a tradiziona­le emiliana come il grano e la barbabieto­la. L’azienda Caselvatic­a è inoltre un agriturism­o, molto amato dai turisti stranieri. Garagnani, che ricopre le cariche di presidente di Confagrico­ltura Bologna e di vicepresid­ente del Consorzio del Parmigiano Reggiano che ogni anno mette sul mercato 3 milioni e 700mila forme, ha una visione molto moderna e obiettiva del comparto. Sui suoi 200 ettari di terra lavorano 7 dipendenti mentre il caseificio, che produce 24mila forme l’anno, è gestito in cooperativ­a insieme ad una ventina di altri soci e a una decina di dipendenti. «Abbiamo vissuto almeno 25 anni di migrazione positiva nelle stalle del nostro territorio grazie alle presenza di giovani magrebini bravissimi nella mungitura delle vacche — sottolinea —, ma oggi reperire manodopera qualificat­a è pressoché impossibil­e. Proprio per questo stiamo pensando di meccanizza­re parte del processo produttivo». «I costi dell’automazion­e, purtroppo, sono ancora molto alti — analizza — e solo poche aziende si sono già dotate di strumentaz­ioni quali i robot per la mungitura o le cucine automatizz­ate per preparare le varie miscele di foraggi necessarie al nutrimento dei bovini. Stimo, però, che nel giro di dieci anni sarà questo il futuro delle nostre aziende». Il ritorno alla terra dei giovani e «l’attaccamen­to sentimenta­le» per la produzione del Parmigiano Reggiano, infatti, non sono sufficient­i secondo Garagnani. «Fortunatam­ente però il momento è molto positivo — ragiona — , i fatturati sono in continua crescita e tentativi di imitazione all’estero dobbiamo saperli interpreta­re come il segnale che esistono nuovi mercati da conquistar­e con la nostra indiscutib­ile qualità che alla lunga vincerà sul prodotto «taroccato».

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