Vanoli e Feniello, il Mediterraneo in venti oggetti
Il saggio domani sarà presentato all’Ambasciatori. Lo storico: «Luogo di scontri e scambi»
«Abbiamo scelto 20 oggetti per raccontare, in modo agile e divertente da leggere, il Mar Mediterraneo e gli scambi che ha permesso».
Così Alessandro Vanoli, storico bolognese, parla della sua ultima fatica letteraria, compiuta con Amedeo Feniello, Storia del Mediterraneo in 20 oggetti, editori Laterza. Il libro sarà presentato domani alle 18 alla libreria Coop Ambasciatori di via Orefici. Continua Vanoli, autore che ha molto studiato il mondo arabo e medievale: «Ci siamo divisi a metà gli oggetti, senza indicare chi avesse
«L’intento del libro è anche politico, siamo parte di movimenti ampi di cose e popoli»
scritto quale voce, anche un po’ per giocare con il lettore. Abbiamo seguito le passioni e le competenze personali: Feniello si è occupato dei fenomeni economici e monetari, io di quelli storici e culturali». Il libro segue tre piste: lo scambio, la navigazione e la migrazione, facendo viaggiare attraverso cose cariche di storia e di risonanze come il pane, la coppa (e il vino), la padella (e i cibi), la lucerna, il portaprofumi (e la peste), la rete, la bussola eccetera, fino ai pupi siciliani, per mettere in scena per effigie gli scontri tra cristiani e mori, fino alla spada, al barcone e alla fontana. «Con l’editore abbiamo deciso di interpretare lo spazio tra l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente attraverso la storia materiale, con una circolarità che inizia da grano e pane e finisce con l’acqua. Abbiamo ricordato momenti di scontro, ma soprattutto ciò che unisce tante diverse popolazioni». I pupi siciliani so- proprio una rappresentazione di come incontri e conflitti siano diventati materiali dell’immaginario. Le migrazioni di alimenti, di oggetti come la lampada, la moneta, la rete, la catena, l’abaco o la bussola, di uomini con i loro bagagli sono uno di fili del racconto: «Se scrivi un libro del genere lo fai anche con un intento politico, nel senso alno to del termine; come qualcosa che abbia una valenza sociale, non polemica, chiarendo come siamo parte di movimenti ampi di cose e popoli, in un gioco più complesso di quello che certuni stanno narrando». Il libro ci ricorda che i flussi non vanno solo in una direzione: si parla di arabi che scappano dalla Sicilia o dall’Andalusia verso l’Africa, di incroci, di strumenti come la chitarra che sintetizzano culture diverse, di cibi come la paella o la pizza che si affermano nell’Ottocento delle differenziazioni nazionali.
«Il Mediterraneo è un mondo complesso, fatto di commistioni e di invenzioni, di scontri e di interrelazioni», conclude Vanoli.