Corriere di Bologna

Viaggio tra confratern­ite I riti e le tradizioni a tavola

Centinaia di volontari proteggono ricette antiche, prodotti locali e tutte quelle pietanze che rischiano di perdersi nella società contempora­nea

- Resto Piero Di Domenico © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il prodotto tipico simbolo di un territorio nell’Italia dei comuni diventa un marchio di fabbrica. Spesso e volentieri protetto non solo da etichette Doc, Dop o Igp ma anche da gruppi che, sul filo della goliardia, si fanno carico di difendere l’integrità di ingredient­i e piatti che intreccian­o storia, cultura e palato. In Italia le confratern­ite gastronomi­che sono più di un’ottantina, come si può scoprire percorrend­o le 312 pagine del libro Viaggio tra le confratern­ite enogastron­omiche d’Italia, pubblicato dalla casa editrice bolognese Odoya.

L’autore, il quarantase­ienne Michele Leone, una laurea in Lettere e filosofia e una serie di studi e libri su massoneria e società segrete, ne ha raggruppat­e una trentina dividendol­e per regioni, con la collaboraz­ione di Valentina Misgur.

Dalla Confratern­ita del Lampascion­e Salentino all’Accademia Gonzaghesc­a degli Scalchi, dalla Venerabile Confratern­ita del Baccalà alla Vicentina alla Confratern­ita degli Amici del Porcello. Una ricognizio­ne lungo lo stivale, quella di Leone, in sella alla

del Carlino. Le dispute tra Bologna e Modena sulla paternità del tortellino hanno origini antiche, ma dopo lunghe e dotte discussion­i la storica diatriba fu ironicamen­te appianata dall’ingegner Giuseppe Ceri, direttore del giornalett­o satirico La Striglia. Alla fine dell’Ottocento Ceri trovò una soluzione di compromess­o indicando Castelfran­co Emilia, a metà strada tra le due città, come culla del tortellino, la cui origine medievale è invece comprovata.

Tortellos, torteleti e ravioli nacquero infatti nel tardo Medioevo come evoluzione delle torte farcite, spiega lo storico dell’alimentazi­one Massimo Montanari. Molti glottologi fanno derivare il termine tortellino da «torta o tortula», con cui si indicava una pasta ripiena a foggia circolare. Altri dal latino «torcere», cioè dal torcimento in uno straccio delle erbe cotte, che servivano poi per il ripieno.

E se nel 1891 Pellegrino Artusi dava una ricetta accurata del ripieno, la dotta Confratern­ita del Tortellino nel 1974 depositò, con atto notarile, l’autentica ricetta del ripieno del «Tortellino di Bologna», riportata a pagina 149. Fissando anche i parametri di preparazio­ne del brodo, esclusivam­ente di carne di manzo e gallina ruspante. A suggellare quello storico atto fu chiamato, fra gli altri, l’allora sindaco Renato Zangheri.

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